Crisi Russia-Ucraina – Gli effetti sul comparto salumi

Davide Calderone, Direttore di Assica, analizza le conseguenze della crisi ucraina sul settore. Ripercussioni limitate sull’export, ma pesa l’ulteriore ondata di rincari
Crisi Russia-Ucraina – Gli effetti sul comparto salumi

Le conseguenze sul comparto salumi della grave situazione in Ucraina sono più che altro indirette. “Derivano – spiega Davide Calderone, Direttore di Assicadal prevedibile ulteriore aumento del costo del gas. E, di conseguenza, di tutti i beni accessori diversi dalla materia prima utilizzati nelle nostre produzioni. Dunque, elettricità, gasolio, plastica, carta e cartone, legno, trasporti. Inoltre, l’impatto è legato all’aumento del costo delle materie prime per la produzione di mangimi, che inevitabilmente innescheranno un rincaro nel prezzo dei suini e a cascata di quello di tagli e salumi”. Per il comparto italiano dei salumi, ben più limitato dovrebbe essere invece il danno diretto, cioè collegato alle sole esportazioni. “Come noto – ricorda Calderone – dal 2014 il mercato russo è divenuto progressivamente inaccessibile per salumi e carni suine. A gennaio 2014 ci fu infatti la chiusura parziale, dovuta ai focolai di malattie veterinarie in est Europa, che colpì carni fresche e congelate e alcuni prodotti a base di carne. Ad agosto 2014, poi, scattò l’embargo in risposta alle sanzioni UE con la chiusura ai rimanenti prodotti. Ad eccezione di quelli appartenenti al codice 1602, cioè prosciutti cotti e altri prodotti cotti”.

L’EXPORT IN RUSSIA

Dati alla mano, quindi, le esportazioni verso questo Paese erano già limitate. “Nei primi 11 mesi del 2021 – illustra Calderone – le nostre esportazioni verso la Federazione Russa hanno riguardato appena 119 tonnellate, per un valore pari a 816 mila euro. Da notare che prima delle chiusure del 2014 esportavamo circa 55 milioni di euro”.

I MERCATI DI UCRAINA E BIELORUSSIA

Per quanto riguarda l’Ucraina – continua Calderone – le nostre esportazioni, sempre nel periodo gennaio – novembre 2021, hanno riguardato 507 tonnellate per un valore di 3,4 milioni di euro. Quelle verso la Bielorussia, invece, 119 tonnellate per 1,2 milioni di euro. Se dovessero cessare gli invii verso tutti e tre i Paesi avremmo un danno complessivo di poco meno di 6 milioni di euro all’anno. Un valore molto contenuto rispetto ai fortissimi aumenti delle bollette energetiche”.

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