Centromarca replica all’appello della distribuzione

Frenare gli aumenti per il 2023, questa la richiesta di Adm e Federdistribuzione a tutela di famiglie e imprese. Ma Centromarca replica e invita a riflettere
Centromarca replica all’appello della distribuzione

Arriva puntale la risposta di Centromarca alla richiesta delle principali associazioni di categoria della Gdo di frenare gli aumenti previsti per il nuovo anno. L’associazione di categoria che riunisce l’industria italiana di marca si affida alle parole del Presidente Francesco Mutti per esprimere la propria posizione in merito: “le industrie del largo consumo confezionato e quelle di marca si sono fatte carico di una parte degli aumenti spropositati di materie prime ed energia trasferendo a valle sui consumatori solo una parte dei rincari subiti. Una moratoria dei prezzi non è possibile senza pregiudicare la tenuta del tessuto produttivo”. È evidente come l’affanno che vive il settore industriale incida sui margini ed esponga a rischi finanziari tutte quelle piccole medie imprese che di fatto compongono il tessuto imprenditoriale italiano. 

A PESARE, IL COSTO DELL’ENERGIA 

Oggi grande parte degli aumenti grava sulle spalle dell’industria e di fronte a noi abbiamo una dinamica inflattiva che prosegue, anche se non con la stessa intensità registrata nel corso dell’ultimo biennio. Un’ipotesi di moratoria rischia di non affrontare il problema dei rincari alla radice, a fronte di un beneficio molto temporaneo, ma scarica una parte del problema sulla filiera industriale”. Ancora una volta, a pesare maggiormente sui conti economici, il costo dell’energia: con il 2023 le aziende rischiano di non avere più il credito d’imposta per le spese sostenute proprio per l’acquisto di energia elettrica e gas. Senza trascurare chela dinamica inflattiva è trainata principalmente dai rincari energetici. Infine, da un’indagine interna di Centromarca, è emerso che nel 2022 gli extracosti applicati al carrello sono di misura compresa solo tra il 20 e il 50%, con una conseguente riduzione del margini (tra il 40 il 70%) o addirittura perdite, anche se confinate ad alcune categorie.

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