
I produttori di Bresaola della Valtellina Igp stanno fronteggiando maggiori costi dovuti alla necessità di recuperare la materia prima al di fuori dei confini europei, e precisamente in Sudamerica. Ciò ha già prodotto un rincaro del prezzo al consumo della bresaola nel gennaio scorso, e un secondo aumento è atteso nel prossimo autunno. Una situazione che inciderà tanto sui margini di guadagno delle aziende produttrici, comprimendone il fatturato, quanto sulle tasche dei consumatori.
“Gli studi finora condotti ci dicono che il consumatore italiano e il consumatore in generale non smetterà, per questo, di acquistare il prodotto – precisa Mario Francesco Moro, Presidente del Consorzio di tutela della Bresaola della Valtellina Igp – però potrà arrivare a ridurre la frequenza del consumo”. Nel 2024 la produzione è stata di 12.600 tonnellate (+6,52% sul 2023), destinata per il 95% al mercato italiano mentre solo un 5% va all’estero (72% verso i paesi UE), in particolare verso i paesi di religione islamica.
A preoccupare le aziende produttrici non è tanto l’export,bensì l’import della materia prima. “Noi non ci possiamo approvvigionare sul mercato italiano, perché è concentrato sulla mucca da latte non da carne, e quello europeo tradizionale, come Francia, Irlanda, Germania, Polonia e Austria non produce abbastanza per effetto delle politiche di green deal perseguite dall’Europa”, afferma Moro. “Per cui siamo costretti a importare dal Sud America ad un costo superiore del 50% rispetto a quello iniziale, che ricade inevitabilmente sulle nostre aziende ma anche sui consumatori. A tutto ciò si aggiungano i potenziali maggiori costi che potrebbero derivare dall’entrata in vigore del decreto anti deforestazione che vuole sia certificata la provenienza della carne bovina, importata da quei paesi e tracciata come non proveniente da zone deforestate. Già oggi la carne importata ha questa certificazione, ma l’Europa vorrebbe garanzie ulteriori”.