Commodity, gli effetti sui prezzi alla produzione

Commodity, gli effetti sui prezzi alla produzione

Come dovrà gestire l’industria alimentare italiana l’aumento dei prezzi delle materie prime? Una prima analisi della situazione dell’agrinflazione è stato condotta da Federalimentare nel corso della presentazione dell’andamento del 2010 del settore food & drink, in cui sono state illustrate anche le linee guida del neopresidente Filippo Ferrua.
Dal fronte internazionale giungono, in effetti, nuovi e forti spunti di preoccupazione: i confronti tendenziali delle quotazioni delle materie prime mostrano forti accelerazioni, comuni a tutti i grandi comparti. Tali quotazioni sono indicative, in parte, dell’atteso consolidamento della ripresa dell’economia mondiale, ma indicano anche che la speculazione ha ricominciato a mordere. Col risultato che alcune commodity hanno già superato i picchi registrati durante la crisi del 2007-2008.
In sostanza, è tornata l’emergenza sul fronte degli approvvigionamenti di materie prime agricole. Secondo Federalimentare, s’impone perciò, nel medio-lungo periodo, uno sforzo lungimirante e multilaterale, diretto a incrementare la produzione agrozootecnica mondiale. Tale prospettiva sta già influenzando la fase di progettazione della nuova Pac del dopo 2013: dovrà tornare in qualche modo alle origini, mettendo al primo posto la produzione, l’innovazione tecnologica e la competitività dell’agricoltura europea, al di là dello stesso importante impegno ambientalistico.
Intanto, l’aumento dell’indice generale delle quotazioni del febbraio scorso, calcolato da Confindustria, porta il confronto sui dodici mesi (febbraio 2011-2010) su un +39,1 per cento. All’interno di questa dinamica, spiccano proprio i prodotti alimentari, che svettano con un +47,5%, ben sopra il +30,2% e il +40,7% segnati, rispettivamente, dai prodotti non alimentari e dai combustibili.
Queste dinamiche si stanno già riflettendo sui prezzi alimentari alla produzione, che, non a caso, sono passati da variazioni tendenziali sui dodici mesi del -0,3% di metà 2010 al +5% di gennaio. Queste tensioni alla produzione finiranno col rimbalzare sui prezzi alimentari al consumo, che stanno risalendo, anche se rimangono ancora largamente sotto il tasso d’inflazione. E infatti l’inflazione alimentare ha raggiunto il +1%, nel confronto tendenziale gennaio 2011/10, dopo aver oscillato su una media annua 2010 (alimentare lavorato + alimentare fresco) assai più bassa, attorno al +0,2 per cento.
E nel 2011, quali sono le prospettive disegnate da Federalimentare? L’uscita dalle difficoltà del mercato interno si dovrebbe saldare col ritorno del Pil nazionale ai livelli di picco precrisi. Ma in Italia è atteso, secondo le proiezioni più aggiornate, non prima del 2014-15. E questo, mentre i Paesi più avanzati sono in fase di rientro sull’arco 2010-2012 (gli Usa, che pure hanno innescato la crisi, hanno già chiuso il cerchio a metà 2010). La “traversata” del mercato italiano perciò sarà lunga.
Secondo Federalimentare, quindi, anche per l’accennato problema delle materie prime, il 2011 comincia in modo penalizzato. La spinta dei prezzi alla produzione, che è piombata su molti comparti, non rema nella direzione di una tenuta dei conti e di un’incentivazione del mercato. Ma era ben chiaro, comunque, che il 2011 avrebbe difficilmente replicato i buoni risultati del 2010, se non altro per la carenza dell’effetto-rimbalzo di cui ha goduto rispetto a un anno negativo come il 2009.
L’inflazione attesa al 2,7%, nel corso del 2011, e la spinta specifica delle quotazioni delle commodity agricole sui costi e sui prezzi alimentari non aiuteranno l’attesa ripresa dei consumi alimentari. L’anno in corso rischia molto concretamente, perciò, di caratterizzarsi come il quinto anno consecutivo di consumi interni in calo.
L’export, tuttavia, dovrebbe continuare nella sua spinta espansiva, anche se forse con tassi leggermente inferiori a quelli del 2010. Solo col suo potenziamento, si potranno preservare stabilità e spazi significativi di espansione del settore alimentare.
Ma un aiuto dovrebbe arrivare anche dalle politiche industriali, che, finora, però, non hanno incentivato un’industria strategica come quella alimentare, che è al secondo posto in Italia, dopo quella meccanica, ed è portatrice di capacità di tenuta preziosa nella lunga fase di difficoltà attraversata dallo sviluppo del Paese.

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