Coop, Legacoop e Coldiretti lanciano la pasta 100% Italia

Coop, Legacoop e Coldiretti lanciano la pasta 100% Italia

Filiera cortissima per la pasta italiana al 100%: un progetto promosso da Coop Italia, Legacoop Agroalimentare e Coldiretti. Le maggiori organizzazioni dei produttori agricoli e della distribuzione italiana hanno scelto, infatti, il prodotto-simbolo della cucina nazionale per avviare una collaborazione senza precedenti.
La pasta della filiera agricola italiana nasce dal grano coltivato nei campi degli agricoltori di Coldiretti e arriva sugli scaffali degli oltre 1.400 punti vendita di Coop con il marchio unico 100 % Italia: 5 formati di pasta di grano duro trafilata al bronzo, essiccazione lenta, qualità ottima, no ogm. Il primo di una linea che a regime includerà altri prodotti della tradizione gastronomica italiana.
Con la pasta “tutta italiana”, le tre organizzazioni intendono inaugurare un’inedita esperienza di co-imprenditorialità che si traduce in un accordo diretto tra consumatori e produttori che mira a garantire la provenienza e la tracciabilità, accorciare la filiera e assicurare una equa distribuzione del valore. Viene offerto così ai consumatori e clienti di Coop un prodotto di particolare qualità che punta a valorizzare il territorio, il grano e il lavoro degli italiani, a partire dalle aree più difficili del Paese.
Con la crisi arriva insomma la prima pasta “autarchica” dal campo allo scaffale, per valorizzare il territorio, il grano e il lavoro degli italiani. L’iniziativa di Coldiretti, Coop e Legacoop Agroalimentare mira a configurarsi come una sorta di “compromesso storico” della tavola tra soggetti a volte antagonisti lungo la filiera. Tra gli attori del progetto c’è il pastificio Cerere del Consorzio agrario Lombardo Veneto, situato in provincia di Enna da dove viene il grano che sarà pagato agli agricoltori a un prezzo premiante per il produttore sulla base dell’accordo di co-imprenditorialità. L’origine del grano è un vantaggio anche per i consumatori per la maggiore qualità complessiva e il minore contenuto di aflatossine, classificate potenzialmente cancerogene, che aumentano con i lunghi trasporti nel grano importato e la conservazione in ambienti umidi, come ha confermato il nutrizionista Giorgio Calabrese.
Tra i coprotagonisti c’è anche il Csqa, l’ente di certificazione indipendente che ha il compito di tracciare l’intera filiera e che ha guidato i tre protagonisti del progetto nel percorso di coinvolgimento che ha permesso di giungere alla definizione concordata del prezzo minimo equo da pagare agli agricoltori. Ovvero un prezzo adeguato sia per gli investimenti effettuati sia per la remunerazione del lavoro e dei mezzi di produzione. Per gestire nel tempo il progetto inoltre è attivato un comitato di gestione della filiera in coimprenditorialità a cui spetta anche la decisione sul reinvestimento degli utili al singolo agricoltore che il prezzo del grano coprirà in ogni caso i costi di produzione e al consumatore di acquistare la migliore qualità al giusto prezzo.

© Riproduzione riservata