Hamburgeria di Eataly, al Sud il fast food di qualità

Hamburgeria di Eataly, al Sud il fast food di qualità

L’ultima apertura è stata a fine ottobre presso il Centro Direzionale di Rende (Cs): 310 mq di magazzino trasformati in quello che si candida a essere il fast food di qualità. L’esordio in Calabria dell’Hamburgheria di Eataly è dovuto all’iniziativa di tre imprenditori che hanno investito circa 240mila euro, tra fidejussione, fee d’ingresso, attrezzature e arredamento. La catena è infatti un franchising sviluppato dalla società Mac, che fa capo a Fabrizio Cardamone, Federico e Antonio Marasco che anni fa si erano rivolti a Francesco Farinetti, figlio di Oscar, per concretizzare la loro idea di un fast food con un posizionamento tutto particolare. Il punto vendita cosentino si aggiunge a quelli di Torino, Settimo Torinese, Bergamo e Roma.
Ma per comprendere a fondo questo format è necessaria una premessa: nell’immaginario collettivo, il fast food è gusto e rapidità; l’Hamburgheria di Eataly è invece qualità e convivialità, e sono proprio questi gli elementi che determinano il suo vantaggio competitivo. Non a caso la dinamica di acquisto e consumo è leggermente diversa rispetto al classico self-service: il cliente fa lo scontrino, riceve un cerca-persona e si accomoda; a led del cerca-persona illuminato, si reca al banco e ritira l’ordinazione. Nell’attesa, ha modo di vedere l’assemblaggio degli ingredienti, come fosse in una ‘officina del panino’: la cucina a vista, i tubi d’acciaio dell’impianto di condizionamento, il bancone in ferro, le lampade a braccio e a binario conferiscono al locale un aspetto industriale, apparentemente freddo, reso più intimo dai colori caldi di pareti e arredamento e dal pavimento in legno, che ricreano uno spazio accogliente e informale, ideale per pranzi svelti sì, ma rilassati.
Un ruolo da protagonisti lo hanno ovviamente gli ingredienti, a cominciare dalla carne piemontese del Presidio Slow Food de la Granda, di pura razza bovina, usata per gli hamburger (Giotto), gli hot dog (Granda Dog) e i kebab (Kebabun), avvolti nei panini ricetta Delper o nella piadina di Fresco Piada e arricchiti con il cacio del caseificio Taddei, i formaggi AgriLanga, le salse Cereal Terra.
Nel menu, oltre ai panini, ci sono anche fritti, insalate, zuppe, i dolci Golosi di Salute di Luca Montersino e il gelato Lait. Le bibite e l’acqua sono Lurisia, le birre Baladin e Imbranata, il caffè Vergnano.
Questa però è l’offerta base, adeguata di locale in locale con prodotti – individuati dai franchisee – che rispondono alle esigenze di gusto del territorio. Ed ecco quindi che a Rende gli hamburger sono anche di podolica calabrese, altro Presidio Slow Food, affiancata dal caciocavallo silano dop e dalla birra in bottiglia Riulì, prodotta da un birrificio artigianale cosentino. Per i dolci è stata invece stretta una collaborazione con la cake designer Mariacristina Salerno, del laboratorio Le Torte di Muzzi, di Cosenza. Da segnalare anche l’angolo dedicato a Rubbettino, casa editrice di Soveria Mannelli (Cz), con libri da leggere o acquistare. Infine i prezzi, non elevati e quindi adeguati al concetto di fast food: con 9 euro circa è possibile consumare panino, patatine e bibita. Prossime tappe del percorso di sviluppo dell’Hamburgheria di Eataly saranno Milano e Francoforte.
La scelta del franchising per lo sviluppo dell’Hamburgheria di Eataly – oltre a rispondere a esigenze di carattere economico – consente di gestire il brand in maniera snella, con un facile adattamento al territorio, ma anche di innovarlo con un che di glocal: Eataly, con prodotti ‘local’ italiani, rivisita un piatto ‘global’ per antonomasia, l’hamburger. Da non trascurare poi la possibilità di portare il marchio anche lì dove non sono stati costruiti e non avrebbe senso costruire i punti vendita Eataly, ampliandone così la capillarità. Il format fin qui descritto deve però fronteggiare anche la concorrenza. Concept, assortimento e obiettivi di marketing differenziano l’Hamburgheria di Eataly dagli storici McDonald’s e Burger King; la omologano invece, a livello locale, ai Mac Bun piemontesi, i primi a lanciare il modello slowfastfood, e agli Ham Holy Burger di Roma e Milano (di proprietà di Vesevo, società cui fa capo anche la catena di pizzerie Rossopomodoro) che hanno ‘santificato’ l’hamburger con la carne piemontese.
di Valentina Gatti

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