Nasce il Manifesto di rilancio dell’olio italiano

L'iniziativa nasce per potenziare l'informazione, per attribuire parametri più restrittivi alle classificazioni e sostenere le vendite dell'extravergine di qualità
Nasce il Manifesto di rilancio dell’olio italiano

Più valore all’oro verde italiano! Attuare un piano olivicolo strutturale a partire da un incremento nel numero di olivi piantati e favorire forme di associazionismo per diventare più competitivi aumentando la capacità produttiva a livello  globale. Sono solo alcune delle linee guida per rilanciare il settore oleario che  hanno portato alla nascita del Manifesto per l’olio italiano, un’iniziativa congiunta de L’Informatore Agrario e Olio Officina, presentata a Sol&Agrifood. In un contesto in cui meno del 5% delle aziende agricole è professionale e dove il frazionamento e la riduzione delle superfici coltivate è in crescita, gli attori del comparto hanno di fatto gettato le basi per la costruzione di una strategia di rilancio condivisa.

Zeffirino Monini, in rappresentanza delle aziende di marca, ha voluto essere portavoce di quella parte della filiera, che spesso è semplicemente assimilata alle multinazionali nemiche della tradizione e della genuinità. “Niente di più falso – dichiara Monini –  almeno per quello che ci riguarda. Oggi la tecnologia ha aiutato lo sviluppo dell’agricoltura, quindi abbiamo a disposizione più olio di qualità. Il punto di partenza per un rilancio è una nuova disciplinatura dell’olio extravergine di oliva che si classifichi a 0,4-0,5 max di acidità, non a 0,8, proteggendo così le migliori produzioni. La categoria 100% olio italiano è troppo ampia, occorre inoltre produrre più quantità per essere competitivi, piantando nuovi olivi, senza rinunciare alla qualità. Sono stati necessari 120 anni di lavoro per farci apprezzare sui mercati, operare sul livello più basso non solo penalizza la qualità ma danneggia il Pil oleario dell’intero made in Italy”.

“Occorrono maggiori competenze nelle tecniche di trasformazione – ha aggiunto Cesare Buonamici, olivicoltore e frantoniano di Fiesole – : manca vera sensibilità a livello ministeriale verso il nostro comparto, nonostante sia riconosciuto il valore salutistico dell’olio. Bisogna potenziare gli investimenti, l’Italia produce quattro volte in meno della Spagna!”.

Il manifesto per il rilancio del settore oleario in 10 punti:

1. Più alberi, perché non è pensabile rinunciare a proiettarsi nel futuro – L’Italia è l’unico Paese ad alta vocazione olearia a non piantare olivi. Non investe più in olivicoltura, si limita a mantenere e perpetuare l’esistente)

2. Meno paura, perché occorre investire soprattutto risorse personali – Il grande male dell’Italia è nell’essersi ripiegata su se stessa, dopo essere stata per decenni mantenuta e sorretta da finanziamenti pubblici che hanno solo sottratto spirito di intraprendenza

3. Più persone libere, perché non abbiamo più imprenditori  indipendenti- L’Italia ha perso la tenacia che la contraddistingueva nel passato e c’è sempre qualcuno che fa le veci di qualcun altro, mancando soggetti pronti a mettersi in gioco e a esprimere una fame di gloria

4. Meno pastoie, perché non è accettabile che si debba aver timore di lavorare – L’Italia si caratterizza per una legislazione bulimica e quasi completamente slegata dalla realtà, soprattutto in materia di olio. Pur valorizzando a parole le imprese, la burocrazia le spegne

5. Più ricerca privata, perché non si può declinare tale compito solo allo Stato – Nonostante gli antichi fasti del passato, l’Italia non sembra più propensa a sostenere la ricerca come invece avviene in altri Paesi, a partire dalle risorse vive delle imprese, per il vantaggio di tutti

6. Meno conflittualità, perché è l’ora di finirla con le eterne contrapposizioni – In questo stato d’animo, sempre in eterno conflitto tra le parti,  l’Italia si contraddistingue alla perfezione rispetto al resto del mondo, dimostrandosi vocata a farsi del male con le proprie mani

7. Più donne, perché è inaccettabile che nei ruoli chiave non abbiano voce in capitolo – Il ruolo di primo piano delle donne nel comparto oleario è chiaro a tutti, ma, paradossalmente, non trovano ancora spazio, in Italia, nel far parte attiva, a pieno titolo, della classe dirigente

8. Meno nicchia, perché è impensabile che si debbano circoscrivere gli orizzonti – In un Paese che pone scarsa attenzione alle strategie commerciali, al marketing e alla comunicazione, occorre ripartire da una visione non più confinata alle sole produzioni d’eccellenza

9. Più idee, perché non sta bene che il comparto oleario inibisca lo spirito creativo – L’Italia ha grandi talenti, in grado di apportare felici intuizioni e generare innovazioni, ma stupisce la scarsa propensione, da parte chi gestisce il potere e gli spazi d’azione, ad accoglierli e favorirli

10. Meno ideologia, perché per il comparto oleario ha bisogno di coscienza critica – Investire in cultura puntando sulla formazione e sull’educazione al sapere, è l’unica strada per l’autodeterminazione. Diversamente, si può solo cadere nel vittimismo o nelle autoassoluzioni

© Riproduzione riservata