Food Insider, come cambia lo scaffale del caffè

Una ricerca Doxa realizzata in esclusiva per Food prende in esame la categoria con rilevazioni in 1.117 punti vendita di 13 Paesi europei. Ed ecco cosa succede anche nei supermercati e nei discount italiani
Food Insider, come cambia lo scaffale del caffè

Il caffè è un rito che scandisce le giornate di decine di milioni di italiani, ma è anche un mercato che muove circa 1,2 miliardi di euro nei canali Gdo e discount. Una categoria importante, alle prese da anni con una vera rivoluzione tecnologica e di marketing: il passaggio dal classico caffè macinato al porzionato o per meglio dire alle capsule, cresciute sempre a doppia cifra nel recente passato. Ma come si riflette tutto questo negli scaffali dei retailer? Una risposta dettagliata arriva da Food Insider, l’iniziativa nata dalla partnership tra Doxa – prima società indipendente di ricerca e analisi di mercato in Italia – e il mensile Food. La ricerca è stata svolta nella settimana dal 16 al 22 marzo attraverso rilevazioni effettuate in crowdsourcing in 1.117 punti vendita di 13 Paesi europei (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia, Turchia). In Italia sono stati visitati 105 punti vendita (81 supermercati e 24 discount) focalizzando l’analisi sulla rilevazione dei lineari dedicati all’esposizione di caffè e sulla percentuale di scaffale dedicato alle diverse tipologie di prodotto (macinato, in capsule, in cialde, in chicchi, istantaneo). In aggiunta, sono stati approfonditi i comportamenti di acquisto dei partecipanti allo studio, con un ulteriore focus su un aspetto particolare: la modalità di conservazione del caffè. E anche stavolta non sono mancate le sorprese, come nel caso dell’analoga ricerca proposta da Food Insider sul livello di pulizia percepito nei punti vendita, in particolare nei reparti ortofrutta e dairy.

La metodologia della ricerca

Ma andiamo con ordine e cominciamo a esaminare sotto il profilo strettamente quantitativo lo spazio dedicato al caffè dai punti vendita italiani rispetto al resto d’Europa, con la premessa che per semplificare il raffronto tra superfici di dimensioni diverse è stato rilevato il numero di elementi di lineare – considerati come unità di base dell’arredo – assegnando a ciascuno di essi la lunghezza convenzionale di un metro. Un’astrazione necessaria per rendere confrontabili realtà molto differenti, tenuto conto che per esempio in Italia lo standard di lineare più diffuso è quello con lunghezza di 1,33 metri. E già qui i dati a fonte Doxa-Roamler si rivelano molto interessanti, perché se era prevedibile che i negozi visitati nei Paesi del Nord Europa – forti consumatori di caffè – si collocassero in vetta alla classifica, meno scontato appare il gap che li separa dai “colleghi” italiani. Vero è che il primato spetta al Portogallo (con 6,3 metri destinati alla categoria) che con la Svezia (6,2 metri) si colloca ben al di sopra della media continentale (pari a 3,6 metri), ma ampie sono anche le esposizioni rilevate in Germania, Olanda (entrambe con 4,9 metri) e Danimarca (4,4 metri). L’Italia, con i suoi 3,3 metri dedicati al caffè, si colloca nella parte medio-bassa della classifica – precisa Paola Caniglia, Retail & Crowdsourcing Director di Doxa –. Super e discount italiani destinano alla categoria uno spazio che potrebbe persino sembrare modesto nel raffronto con altri contesti. Va però tenuto conto della grande diffusione nel nostro Paese delle piccole torrefazioni locali, che rappresentano un canale aggiuntivo di acquisto. L’offerta complessiva a disposizione del consumatore è quindi più ampia rispetto a quella proposta dalla Gdo, che anzi adegua l’assortimento alle singole piazze presidiate, inserendo di volta in volta brand regionali o comunque locali.

Macinato e capsule dominano a scaffale

Un’altra differenza che emerge con chiarezza è relativa alle tipologie di caffè trattate e alla loro incidenza sul totale dell’offerta. In Italia l’assortimento è focalizzato su macinato e capsule – fa notare Caniglia – con una buona presenza dell’istantaneo, sicuramente aumentata molto negli ultimi anni. Cialde e chicchi sui nostri scaffali appaiono ormai marginali, più che nel resto d’Europa. Ed è sintomatico del cambiamento in atto nel mercato il fatto che in Italia, il Paese della moka, le capsule trovino maggiore spazio nell’esposizione di super e discount rispetto alla media europea. Una considerazione confermata dalle dinamiche dei consumi, che hanno visto una flessione a volume del macinato – soprattutto nel classico formato da 500g – legata proprio all’ottimo andamento delle capsule, che con il loro contenuto di servizio e di qualità stanno conquistando il favore degli italiani.

Focus sui retailer italiani

Rispetto al dato medio nazionale – cioè i 3,3 lineari dedicati alla categoria nel suo insieme, ai quali è stata assegnata la lunghezza convenzionale di un metro ciascuno – quanto è ampia l’esposizione delle singole insegne? Nove quelle prese in esame nell’ambito della ricerca realizzata per Food Insider: Carrefour, Conad, Coop, Esselunga, Eurospin, Lidl, Pam, Simply, Unes. La classifica vede in testa Esselunga e Coop – rispettivamente con 4,7 metri e 4,4 metri, calcolati con lo stesso metodo descritto in precedenza – seguite da Pam (3,7 metri) e Lidl (3,5 metri). È interessante notare la differenza di spazi dedicati da Lidl rispetto a Eurospin – sottolinea Paola Caniglia – che con 1,8 metri si colloca all’ultimo posto delle insegne oggetto della rilevazione in crowdsourcing. Probabilmente un effetto della strategia messa in campo da Lidl, che ambisce a farsi percepire non più come discount dal consumatore e rivede di conseguenza l’offerta, avvicinandosi al posizionamento dei supermercati.

La classifica della Gdo

L’analisi ha preso in esame anche il numero di ripiani, per scoprire quindi lo spazio dedicato complessivamente alle varie tipologie di prodotto. Anche in questo caso, per consentire un confronto tra superfici diverse, a ciascun elemento – e quindi a ciascun ripiano – è stata assegnata la lunghezza convenzionale di un metro. A fronte dei 7,6 metri mediamente occupati dal caffè macinato in super e discount, Coop (11,4 metri) ed Esselunga (10 metri) fanno segnare valori nettamente più alti, mentre Conad è terza (9,1 metri), un risultato da valutare tenendo conto che questa insegna dispone di superfici di metratura mediamente inferiore rispetto ai retailer che la precedono. A seguire ci sono Pam (9 metri), Carrefour (8,3 metri), Simply (7,6 metri), Unes (5,7 metri) e Lidl (4,9 metri) che in pratica “doppia” Eurospin (2,5 metri).

Il porzionato, un’opportunità anche per la Mdd

I dati a fonte Doxa-Roamler mettono in luce bene l’importanza delle capsule, che conquistano uno spazio a scaffale superiore alla loro quota di fatturato, stimabile in meno di un quarto sul totale del caffè in Gdo. Il trend di crescita – e il maggior valore unitario – hanno evidentemente convinto i retailer a puntare forte su questa tipologia di prodotto. Dalla ricerca si evince che super e discount italiani assegnano 5,3 metri alle capsule, ma insegne leader come Coop (9,3 metri) ed Esselunga (8,8 metri) si spingono ben oltre, con una quantità di spazio che quasi si avvicina a quella destinata al caffè macinato. Fa eccezione Conad, che con 3,8 metri è ultima tra le insegne di super ed è seguita solo da Lidl (2,3 metri) ed Eurospin (1,1 metri). La scelta di Conad consente però un’ulteriore riflessione: nei punti vendita di questa insegna visitati nel corso della ricerca, l’offerta di capsule è circoscritta a uno o al massimo due brand industriali leader – Dolce Gusto e Lavazza – affiancati sempre dalla marca del distributore. La Mdd, che nel caffè ha avuto un ruolo storicamente secondario, ora prova a invertire la rotta cavalcando l’onda del porzionato, prodotto dalla battuta di cassa inevitabilmente più alta e dove quindi una marca privata capace di offrire un buon rapporto qualità-prezzo può dire la sua.

Cambiare miscela? Perché no

Quanto profondi siano i cambiamenti in atto nel mercato del caffè lo dimostra la seconda parte della ricerca proposta in esclusiva da Food Insider e relativa ai comportamenti di consumo. L’84% del campione afferma di acquistare sempre la stessa tipologia di caffè – spiega Paola Caniglia – ma la percentuale scende al 63% quando si parla di marca. In pratica, quasi quattro consumatori su dieci dichiarano di comprare brand diversi di caffè, un dato che solo dieci anni fa sarebbe stato impensabile. A indebolire la fedeltà alla marca hanno contribuito le tante offerte promozionali, ma questa disponibilità a testare più prodotti può avvantaggiare anche la Mdd che – come sottolineato in precedenza – sembra volersi rilanciare nel caffè. Un’altra barriera psicologica che è venuta meno è quella del caffè solubile – aggiunge Caniglia – che un tempo rappresentava quasi una bestemmia per il consumatore medio italiano e invece oggi trova spazio sugli scaffali di tutti i retailer e nel carrello della spesa di tante famiglie. Infine una curiosità: in Italia la dispensa batte il frigo. L’80% del campione coinvolto nella ricerca Doxa-Roamler resta fedele alla tradizione e conserva il caffè macinato fuori dal frigo, utilizzato solo dal 20% dei rispondenti.

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