Il consumatore di vino è in evoluzione

A berlo durante il pasto sono soprattutto gli over 35, mentre i Millennials sembrano privilegiare una fruizione diversa, in contesti non strettamente conviviali. Ad accomunarli – in base alla ricerca di Food Insider – è l’interesse per il prodotto, che si presta ad essere raccontato di più
Il consumatore di vino è in evoluzione

Quando si parla di vino, la metafora è scontata: il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? Una banalità invero solo apparente, perché il comparto – così come emerge dall’indagine di Food Insider, l’iniziativa nata dalla partnership tra Doxa, prima società indipendente di ricerca e analisi di mercato in Italia, e il mensile Food – visto dalla parte dei modelli di consumo si presta davvero a una lettura duplice, con aspetti positivi cui se ne contrappongono altri più critici. Complessità ben sintetizzata da Paola Caniglia, Retail & Crowdsourcing Director di Doxa: In Italia c’è una diffusa abitudine al consumo di vino, ma non c’è un’altrettanto solida cultura del consumo. Si beve vino in occasioni differenti, con modalità e frequenze diverse tra le varie fasce di popolazione, con un’attenzione al prodotto impensabile in altre categorie, però restano ampi spazi di miglioramento legati ad una maggiore comunicazione con l’acquirente finale. Affermazioni che trovano piena conferma nei dati della ricerca at-home realizzata dal 26 al 28 febbraio 2018, interpellando un campione di 100 persone appartenenti alla community Doxa Roamler sui loro comportamenti di consumo del vino.

Bianco o rosso?

Il primo aspetto affrontato nella ricerca è relativo alle tipologie di vino bevuto. E qui la ‘tradizione’ trionfa, con il rosso indicato dall’82% del campione che diventa addirittura il 95% tra gli uomini. Seguono il vino bianco con il 63% delle risposte e lo spumante (segmento in cui è stato ricompreso il Prosecco) con il 55%, che però tocca il 66% tra le donne. Molto distaccate, comprensibilmente, le bollicine d’Oltralpe: a bere Champagne è il 15% dei partecipanti al sondaggio. Focalizzando l’analisi sul vino bianco e rosso, si scopre una frequenza di consumo importante: Una persona su due dice di berne più volte a settimanafa notare Caniglia – mentre a scegliere l’opzione ‘una volta a settimana’ è il 18% del campione, con il restante 30% che dichiara un consumo più raro. Le differenze di genere sono abbastanza limitate e non rappresenta una sorpresa la maggior frequenza di consumo registrata tra gli uomini. Molto più ampio è il divario su base anagrafica: 6 su 10 degli over 35 bevono vino più volte a settimana e solo un quarto di questa fascia di persone si colloca tra chi consuma raramente tale bevanda. Tra i Millennials, cioè i rispondenti compresi tra i 18 e i 35 anni, il campione si spacca in tre parti: il 38% beve vino bianco o rosso raramente, il 27% una volta a settimana e il 35% più volte a settimana, con un distacco di 27 punti rispetto agli over 35. Riassumendo, i grandi consumatori di vino sono spesso uomini e soprattutto adulti, mentre tra i giovani prevale un consumo meno tradizionale, concentrato presumibilmente nel fine settimana, in un contesto amicale ma non esclusivamente conviviale. Una modalità di fruizione del prodotto simile a quella diffusa per altre bevande alcoliche, in particolare la birra, nei Paesi del Nord Europa.

L’occasione preferita è la cena

Coerenti con questi primi dati sono le risposte date in merito alle occasioni di consumo di vino bianco e rosso: ad indicare l’aperitivo prima di pranzo è il 7% del campione, mentre il pranzo è scelto dal 44%, con gli uomini fortemente sopra la media (59%). Evidentemente anche quando fanno una breve pausa pranzo lontano da casa – riflette Paola Caniglia – molti uomini non rinunciano a sorseggiare un calice di vino, così da avere un momento di relax anche mentale prima di rientrare al lavoro. L’aperitivo serale raccoglie il 35% delle risposte, ma è la cena con il 70% a confermarsi principale occasione di consumo. Il dopo cena si attesta al 19%, mentre a bere solo in contesti particolari, come le festività natalizie e pasquali, è il 22% dei consumatori. Quest’ultimo comportamento è dichiarato dal 30% delle donne, in linea con una maggior quota di bevitrici occasionali.

Lo spumante è il re della festa

A dispetto dell’inserimento del Prosecco nell’ambito dello spumante – specificato con chiarezza ai partecipanti all’indagine – il consumo più volte a settimana di questa tipologia di prodotto o dello champagne è dichiarato da appena il 10% del campione, mentre il 23% sostiene di berlo una volta a settimana e ben il 67% con ancora minore frequenza. L’identificazione dello spumante e dello Champagne come i vini del giorno di festa è ribadita dal campione relativamente alle occasioni di consumo: il 70% cita le ricorrenze (Natale, Pasqua, compleanni), mentre l’aperitivo serale si ferma al 28% a fronte del 23% del dopo cena.

La frequenza d’acquisto

Rilevante ai fini della comprensione delle dinamiche del comparto è la frequenza d’acquisto, indicata in almeno una volta a settimana dal 30% dei partecipanti all’indagine Doxa Roamler, con a seguire le opzioni ‘una volta ogni due settimane (19%), ‘una volta al mese’ (16%), ‘meno frequentemente’ (22%). La gran parte degli atti d’acquisto si indirizza – come prevedibile – sulle bottiglie di vetro (81%), a fronte di un’incidenza comunque non trascurabile dello sfuso (10%) e del confezionato in cartone (9%). Lo sfuso – interviene Caniglia – si avvantaggia del favore con cui molti italiani guardano al chilometro zero, alla disintermediazione dell’acquisto. Inoltre formule di vendita del vino sfuso si vanno diffondendo anche in contesti urbani. Un altro punto da sottolineare è la diversa percezione del brik, acquistato solo dal 6% degli over 35, contro il 16% dei Millennials. Le nuove generazioni, a differenza di quelle precedenti, non considerano un’eresia il vino in cartone. Un segnale di evoluzione in termini di packaging, ferma restando l’influenza della variabile prezzo, sicuramente più basso per il vino in brik e quindi alla portata di chi – come accade spesso ai giovani – deve fare i conti con un minore potere d’acquisto.

Provenienza e marca fanno la differenza

Il trend del vino biologico emerge con grande evidenza nella ricerca di Food Insider: Quasi una persona su due lo compra – fa notare Caniglia – con una leggera prevalenza tra le donne (51% contro il 49% del totale campione) e i Millennials (56%), anche se va ricordato che Doxa Roamler rappresenta una buona fotografia della popolazione smart, intesa come utilizzatrice avanzata di smartphone, e in quanto tale maggiormente sensibile a tematiche quali la sostenibilità, il rispetto dell’ambiente e il biologico. Il supermercato è di gran lunga il canale di riferimento, con il 77% delle risposte, ma c’è comunque un 13% di acquisti diretti e un 10% che preferisce le enoteche. L’analisi degli elementi che accompagnano la scelta del vino al supermercato mostra quanto questa categoria si distacchi da buona parte del mondo Food & Beverage – osserva Caniglia –. I primi driver sono la provenienza e la denominazioni di origine, insieme alla fedeltà alla tipologia di vino. Entrambe ottengono il 45% di citazioni, tenendo presente che alla domanda era possibile dare più risposte. Alta è la fedeltà al marchio del produttore, indicata dal 31% del campione. La stessa percentuale si fa guidare dalle promozioni; però in questo caso il 31% sembra un numero relativamente basso rispetto a quanto accade in altre categorie, per esempio l’olio, dove tra i tanti prodotti a scaffale vende solo quello presente nel volantino.

I vini più amati

Ma quali sono i vini più amati dagli italiani? Per quanto riguarda il bianco il vino fermo ottiene il 35% delle preferenze, rispetto al 19% del mosso, anche se quasi la metà del campione (46%) beve indifferentemente entrambi. Ad aprire la classifica è comunque lo Chardonnay (37%), seguito da Pinot Bianco (14%), Vermentino (14%), Traminer (8%), Ribolla (6%), Pinot Grigio, Müller-Thurgau e Falanghina (tutti e tre al 5% di citazioni), Pecorino (3%). La premessa all’esposizione dei dati era che sull’informazione – e formazione – del consumatore c’è spazio per lavorare e la dimostrazione plastica la ritroviamo nelle preferenze di consumo del vino rosso: Per il 43% del campione deve essere fermo – chiarisce Paola Caniglia – mentre il mosso è indicato dal 15% dei rispondenti e il restante 42% non ha una particolare preferenza. Quando però guardiamo alla classifica dei vini, il più citato è il Lambrusco, cioè il vino rosso frizzante per eccellenza. L’impressione è che una parte consistente del campione abbia come punto di riferimento una tipologia di vino e con fatica si allontani da quella. Il Montepulciano si colloca al secondo posto con il 12% delle citazioni, mentre il Chianti è terzo con il 9%, risultato sicuramente positivo ma che probabilmente qualche anno fa sarebbe stato migliore. Stesso punteggio per il Merlot, con Barbera, Barolo e Nero d’Avola al 7 per cento. La classifica prosegue con Cabernet Sauvignon (6%), Pinot Nero e Primitivo (5%), Amarone (4%), Cannonau, Negramaro e Sangiovese (2%).

Sono soprattutto gli uomini a fare scorta

La maggior frequenza di consumo degli uomini si traduce in una maggiore predisposizione a fare scorta di vino. Comportamento appannaggio di una minoranza, ma che dal 28% del campione sale al 36% degli uomini, mentre scende al 23% tra le donne. Coerentemente, la suddivisione del dato su base anagrafica replica lo stesso schema tra over 35 (che, come chiarito in precedenza, rivelano una maggiore frequenza di consumo e dunque fanno scorta nel 32% dei casi) e Millennials (22% di risposte positive). La diffusione a livello domestico di accessori per meglio degustare i prodotti è un fenomeno che riguarda anche il vino: il 49% del campione afferma di possedere un decanter, ma solo il 25% lo usa di tanto in tanto, mentre il rimanente 24% ammette di lasciarlo inutilizzato.

L’importanza di un buon calice al ristorante

Da ultimo, una domanda che – ancora una volta – mostra il mutare del vissuto del vino. Ai partecipanti all’indagine at home firmata Food Insider è stato chiesto quanto sia importante pasteggiare bevendo vino al ristorante. A dare poco valore a questo aspetto è il 31% del campione, mentre un 7% lo giudica ‘per niente importante’. La quota maggiore, cioè il 40%, risponde che è ‘abbastanza importante’ – spiega Paola Caniglia – e il restante 22% afferma di ritenerlo ‘molto importante’. Ma questo è un dato medio, perché ad assegnare tale rilevanza al vino in un contesto conviviale fuori casa è solo il 14% dei Millennials. I giovani apprezzano il vino, ma con modalità molto differenti rispetto a quelle dei loro genitori, ed è una cosa di cui in prospettiva gli operatori del settore devono tenere conto. La predisposizione al consumo resiste, ma lo stile di consumo cambia, all’insegna di un bicchiere che può apparire mezzo pieno o mezzo vuoto.

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