ONU, food italiano sotto accusa

Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, ma anche pizza, vino ed olio d’oliva rischiano di fare la fine delle sigarette: tassati con tanto di immagini raccapriccianti sulle confezioni per ricordare che ‘nuocciono gravemente alla salute’

L’OMS e l’ONU hanno dichiarato guerra alle malattie non trasmissibili come diabete, cancro e problemi cardiovascolari: i morti dovranno essere ridotti di un terzo entro il 2030, riducendo nella dieta l’apporto di grassi saturi, sale, zuccheri e alcol. Il guaio è che sotto il ‘fuoco amico’ dell’OMS rischiano di finire anche i prodotti alimentari Made in Italy di alta qualità, come il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma o l’olio d’oliva: per un grammo di sale di troppo, finisce per essere equiparato al fumo. Con buona pace dei princìpi della dieta mediterranea, riconosciuta come la più salutare anche da quella stessa OMS che ora la attacca.

‘Sentenza’ sul food all’Assemblea dell’ONU

Il 27 settembre a New York si terrà un incontro di un giorno intero dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite – a livello di capi di Stato e di governo – per affrontare il tema. È qui che andrà ai voti la proposta di dichiarazione politica – non una risoluzione – su cui l’ ONU sta lavorando proprio in queste settimane, e che potrebbe prevedere nuove, pesanti tasse sui prodotti alimentari contenenti grassi, sale e zuccheri. Allo studio c’è anche l’inserimento di avvisi di pericolo sulle confezioni di molti prodotti alimentari per scoraggiare il loro consumo, simili a quelli usati proprio per le sigarette.

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L’industria alimentare si oppone

Il mondo del food italiano sostiene che tali misure possano ridurre l’impatto delle malattie non trasmissibili non ha solide basi scientifiche. Ricerche recenti suggeriscono infatti che il diabete e le malattie cardiovascolari non siano determinate da un solo fattore, ma hanno molte cause. L’allarme del food italiano è generalizzato. Dai produttori di olio d’oliva alle cantine vinicole, ai formaggi DOP. L’ex ambasciatore (anche alla stessa ONU) Francesco Paolo Fulci, dal palco del convegno inaugurale di Cibus 2018 aveva pubblicamente lanciato una forte invettiva contro la proposta di risoluzione delle Nazioni Unite. Gli oltre 41 miliardi di export che l’Italia ha messo a segno nel 2017 sono a rischio: se una risoluzione ostile come quella in discussione venisse approvata sarebbe difficile replicarli.

Chi sarebbe penalizzato…

Ma il Made in Italy non è l’unico preoccupato. Un fronte comune si sta formando tra i Paesi cosiddetti della dieta mediterranea, per proteggere i migliori prodotti della tradizione alimentare. Dai formaggi francesi alle olive greche, passando per il jamòn iberico. Uno studio dello IEA sostiene che se a tutte le bevande e a tutti i cibi contenenti zucchero, sale o grassi saturi venisse per esempio applicata una tassa del 20%, l’aggravio nel carrello della spesa di una famiglia media sarebbe di 546 euro all’anno in Italia, di 612 dollari negli Stati Uniti e di 458 sterline in Gran Bretagna. Nel complesso, i consumatori italiani avrebbero ogni anno 13,5 miliardi in meno da spendere.

… e chi avvantaggiato

Chi trarrebbe vantaggio, invece, da una simile risoluzione delle Nazioni Unite? Per capirlo basta guardare a quello che è successo in Europa da quando la Gran Bretagna per prima, e poi la Francia, hanno adottato le etichette nutrizionali a semaforo per gli alimenti, una vicenda per molti aspetti simile a quella che oggi è sul tavolo dell’ONU. Come ha ricordato la Coldiretti, questo metodo concede luce verde a prodotti come la Coca Cola Light, per il suo ridotto contenuto di zuccheri, e semaforo rosso all’85% delle DOP italiane. E se per vincere basta sostituire lo zucchero con l’aspartame, vuol dire che a guadagnarci sarebbero tutti i produttori di sostituti chimici per alimenti.

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Coldiretti: colpirebbe un piatto Made in Italy su tre

Il provvedimento colpirebbe più di un prodotto agroalimentare Made in Italy esportato su tre, con effetti gravissimi sull’economia del Paese ma anche sulla salute dei cittadini. E’ quanto stima la Coldiretti nel denunciare l’atteggiamento schizofrenico dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che da una parte riconosce il valore della dieta mediterranea come la migliore, tanto da essere stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità, ma dall’altra pensa di colpire gran parte degli alimenti che ne fanno parte.

Multinazionali sotto accusa

Alle nazioni Unite sotto il pressing di poche multinazionali si cerca di affermare un modello alimentare fuorviante, discriminatorio e incompleto che finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle nostre tavole, per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta accusa inoltre il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Un pericolo ridimensionato

Una volta chiarito che quella che andrà in scena all’ONU non sarà una votazione di risoluzione bensì una discussione politica, si sono calmate le acque, come si capisce dalla chiosa del Consorzio del Parmigiano Reggiano: «Abbiamo letto con attenzione il documento ‘Time to deliver’ e risulta evidente – commenta Riccardo Deserti, direttore del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggianoche l’OMS non ha messo sotto accusa le eccellenze italiane, tanto meno il Parmigiano Reggiano che è noto per essere sano e naturale, per l’alta digeribilità, l’elevato contenuto di calcio e minerali, l’assenza di additivi e conservanti. L’Oms esprime tuttavia raccomandazioni a favore dell’adozione di norme di etichettatura sui prodotti per evidenziare la presenza di sale e grassi saturi. Questo punto apre il rischio – lamenta Deserti – che a livello mondiale si alimenti un ‘sistema Arlecchino’ con grande confusione o, ancor più grave, che taluni paesi strumentalizzino tale raccomandazione per introdurre nuove barriere commerciali. Occorre ora lavorare su più fronti, per chiedere di definire in trasparenza e coerenza linee guida generali per i sistemi di etichettatura promossi da OMS.

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