Dazi, Grana Padano e Parmigiano Reggiano a rischio negli USA

Secondo i Consorzi di tutela, l’applicazione dei dazi aggiuntivi minacciati da Trump potrebbe far quasi scomparire i formaggi italiani più noti del mondo dagli scaffali negli Stati Uniti

I notevoli incrementi di dazi annunciati dal presidente Trump genererebbero, nei confronti del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano, due pesantissimi risultati: azzerare, o quasi, il nostro export negli Stati Uniti, che oggi sfiora le 400.000 forme all’anno, e annullare gli introiti da parte degli americani, visto che l’attuale export paga già dei dazi”. Il direttore generale del Consorzio Grana Padano, Stefano Berni, lancia l’allarme per cercare di fronteggiare la decisione del WTO, l’organizzazione mondiale del commercio, che il 30 settembre prossimo potrebbe autorizzare gli Stati Uniti a imporre dazi su prodotti dell’Unione Europea, per compensare il danno subito da Boeing per i finanziamenti europei ad Airbus.

Una decisione – aggiunge Berni che si tradurrebbe in un grandissimo regalo di Trump ai produttori di ‘fake’ statunitensi. In altre parole, verrebbe usato lo strumento dei dazi, autorizzato dal WTO, per un generoso regalo ai ‘copioni’ americani delle nostre pregiate DOP casearie. L’effetto in Italia di questo provvedimento sarebbe devastante perché quelle 400.000 forme di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, senza più sbocco in America, peserebbero tremendamente sugli altri mercati, a cominciare da quello italiano”.

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APPELLO ALLE ISTITUZIONI CONTRO I DAZI

Il nostro appello – spiega ancora Berni è rivolto soprattutto ai rappresentanti del governo, ai parlamentari nazionali e quelli di Bruxelles, il loro silenzio rischia realmente di tramutarsi in un immenso danno alle due grandi DOP casearie italiane e a tutto il sistema lattiero caseario italiano. Le istituzioni hanno ancora tempo per intervenire, ricordando oltretutto che l’Italia non c’entra nulla con Airbus, sodalizio franco-tedesco-inglese-spagnolo. Altrimenti chiameremo tutti i produttori di latte e formaggi italiani a manifestare davanti ai numerosi insediamenti militari statunitensi in Italia, che ospitiamo con grande piacere, a Montichiari, Ghedi, Longare e Vicenza, realtà che sono proprio nel cuore pulsante di casa nostra, la casa Grana Padano, perché se si è amici non si usa una vicenda avulsa dall’Italia per danneggiare il Made in Italy di qualità e favorire le fake statunitensi”.

LE PREOCCUPAZIONI DEL CONSORZIO DEL PARMIGIANO REGGIANO

Allo stesso proposito, il Consorzio Parmigiano Reggiano ha partecipato a un meeting che si è tenuto a Washington alla presenza dell’Ambasciatore italiano negli Stati Uniti Armando Varricchio e del responsabile Congressional and Public Affairs della US Chamber of Commerce, Nicholas Vaugh. Si è parlato anche della minaccia degli Stati Uniti di applicare nuovi dazi “a carosello”, cioè per alcuni mesi al 100% a rotazione: una misura inaccettabile che rappresenterebbe l’inizio di una vera guerra commerciale.

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C’è grande attesa per la visita del Segretario di Stato degli Stati Uniti Mike Pompeo, fissata per i primi giorni di ottobre. “Sarà l’occasione per sensibilizzare gli Stati Uniti sulle ragioni italiane. Il Parmigiano Reggiano è il prodotto simbolo del Made in Italy – ha commentato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggianonon solo per la reputazione del brand, ma anche per dimensione del business. Nel 2018 sono state esportate negli Usa 10mila tonnellate di prodotto. Il mercato americano è, dopo la Francia, il secondo mercato estero per il Re dei Formaggi”.

Trump – continua Bertinelli minaccia di applicare un dazio pari al valore del prodotto importato. Ciò significa che i dazi passerebbero da 2,15 dollari a 15 dollari al kg: si può stimare che il costo del Parmigiano Reggiano passerebbe da 40 a 60 dollari al kg. Ad un aumento di prezzo corrisponderà inevitabilmente un crollo dei consumi pari all’80-90%. Lanciamo quindi un messaggio alla politica italiana, e precisamente chiediamo di adoperarsi affinché non arrivi sul nostro comparto una mazzata ingiusta che andrebbe a colpire uno dei pochi motori positivi dell’economia italiana”.

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