Il punto sulla complessità del comparto dairy

Le imprese di trasformazione del settore lattiero caseario svolgono un ruolo difficile, che comprende sia gli aspetti produttivi sia quelli commerciali. Un compito che richiede competenze differenziate e che deve essere riconosciuto e sostenuto anche dalle istituzioni
Paolo Zanetti
Paolo Zanetti
Assolatte
Presidente

Per un consumatore comprare una busta di latte, un vasetto di yogurt, una confezione di mozzarella, uno spicchio di formaggio è un gesto semplice. Dietro a questo atto d’acquisto, in realtà, si nasconde una grande complessità operativa e organizzativa.

Quella del latte, e lo stesso vale per molti altri prodotti, è una filiera eterogenea e complessa, che vive grazie al lavoro e all’impegno di decine di migliaia di persone. Prima di arrivare sugli scaffali, infatti, sono all’opera allevatori, mangimisti, agronomi, veterinari, trasportatori, progettisti, tecnici, impiantisti, operai, impiegati, manager, imprenditori, senza trascurare chi controlla e analizza materie prime e prodotti finiti, o chi è impegnato nella ricerca.

Un mondo estremamente articolato, con le imprese di trasformazione che occupano un ruolo chiave e centrale, molto delicato, con enormi responsabilità nei confronti dei consumatori.

Alle imprese di trasformazione, infatti, spetta la raccolta del latte, allevamento per allevamento, ogni giorno, spesso di notte e nei giorni festivi, con qualunque bollettino meteo. All’arrivo, poi, sottoponiamo la materia prima ai necessari controlli, la lavoriamo, stagioniamo i formaggi, confezioniamo i prodotti in migliaia di formati e referenze, nostre o a marchio della distribuzione. Creiamo nuovi prodotti, sviluppiamo nuovi packaging.

Inoltre, a differenza di quanto si possa pensare, con la fine del processo produttivo, il lavoro non è certo terminato: anzi, non siamo neanche a metà dell’opera!

Gli aspetti commerciali sono ancora più difficili e delicati: bisogna trovare i clienti e accontentarne le richieste. Questo vuol dire definire volumi, calendari di consegna, listini, prezzi, sconti, offerte e promozioni. E poi, sottoporsi agli audit, ottenere le certificazioni, garantire puntualità e costanza produttiva. Spesso poi, per i freschi, dobbiamo occuparci anche dei resi, riportando a casa l’invenduto, che scontiamo nella successiva fattura.

Le aziende che portano i loro prodotti all’estero – l’export è oramai una scelta obbligata – hanno ulteriori complicazioni da gestire e ostacoli da superare: linee produttive dedicate a specifici mercati, iscrizione a liste di esportatori autorizzati. E poi bisogna aprire società o filiali, farsi conoscere e apprezzare dagli importatori, far certificare prodotti e processi secondo le regole locali, promuovere i nostri prodotti.

Ogni singolo momento, che ho volutamente schematizzato, comporta collaborazioni con altre imprese o realtà, relazioni con persone da coordinare, uomini e donne con cui interloquire e interfacciarsi. Mondi paralleli che vivono grazie alla macchina industriale.

Un’industria lattiero-casearia è davvero una macchina straordinariamente complessa, ed è un peccato che all’esterno del nostro mondo pochi lo comprendano; altrimenti non si spiegherebbero tante decisioni che vengono prese da chi ha responsabilità politiche e di governo, che complicano ulteriormente la vita di impresa.

Sono temi che abbiamo sempre presentato con chiarezza a ogni tavolo: è giunta l’ora di avere risposte precise, messaggi chiari, norme semplici, da un sistema-paese che sia realmente amico delle nostre imprese.

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