Conserve vegetali, la domanda è destinata a crescere

La crescente richiesta globale di prodotti salutistici sosterrà anche le produzioni di ortofrutta conservata, di cui l’Italia è un driver nel mercato comunitario
Conserve vegetali, la domanda è destinata a crescere

L’Italia è un grande Paese trasformatore: molti prodotti simbolo del made in Italy, tra cui l’ortofrutta, sono il risultato della capacità dell’industria nazionale di selezionare e lavorare le materie prime. La gamma pressoché completa di frutta e ortaggi coltivati in Italia è in grado di soddisfare, per caratteristiche varietali e qualitative, la richiesta del mercato del fresco e quella dell’industria. La categoria merceologica più importante è quella degli ortaggi, che in base ai dati raccolti e analizzati da Nomisma sviluppa 12,4 milioni di tonnellate, seguita dalla frutta con 5,3 milioni di tonnellate, agrumi, olive, patate e uva da tavola. La parte preponderante della produzione nazionale è venduta direttamente come prodotto fresco, mentre quella restante è fornita come materia prima all’industria alimentare. In questo caso frutta e ortaggi sono messi in vendita sotto forma di conserve, confetture, puree e composte di frutta. Le conserve vegetali sono classificabili in categorie omogenee, che contengono prodotti singoli o raggruppati.

AI VERTICI NELL’UE NELLE VERDURE CONSERVATE

Nel 2019, secodno le stime dell’associazione europea di settore Profel, l’Italia con una quota del 20,5% muoveva una produzione netta di oltre 300mila tonnellate di conserve vegetali (pomodori esclusi). Posizione più defilata nel settore delle confetture e delle conserve di frutta, cui contribuisce con il 14,2% della produzione comunitaria (circa 70mila tonnellate). In entrambi i casi, l’Italia si colloca alle spalle di Francia, Benelux e Germania.

UN VALORE AGGIUNTO CRESCENTE

L’ortofrutta prodotta dal settore primario è la principale fonte di approvvigionamento per un’attività di trasformazione che coinvolge oltre 1.560 imprese, di cui molte di dimensioni medio-piccole. Ancorché frammentata, l’industria delle conserve vegetali (in questo caso i dati includono i pomodori ed escludono le patate), contribuisce significativamente ad accrescere il fatturato del settore alimentare. Nel periodo 2010-2018 il valore aggiunto, un indicatore che misura il grado d’efficienza economica della gestione industriale, è cresciuto costantemente, fino a raggiungere 1,6 miliardi di euro. Il dato medio per impresa è invece calato per i maggiori costi di approvvigionamento generati dalla crescente pressione della domanda mondiale su tutte le principali produzioni agricole e dalla concorrenza proveniente dal mercato del fresco.

D’altra parte, negli ultimi dieci anni il settore ha garantito un crescente livello d’occupazione. Infatti, in considerazione dell’elevato livello d’integrazione della filiera ortofrutticola nazionale, in molte regioni l’industria conserviera è in grado di offrire opportunità occupazionali alla manodopera locale, giustificando la rapida crescita degli occupati che sono passati da 23mila a quasi 29mila e per singola impresa (da 14,4 a 18,4). La stima dei livelli di consumo medio di alcuni tipi di conserve di ortaggi nel nostro Paese evidenzia valori quasi tutti al di sotto del chilogrammo pro capite annuo, fatta eccezione per i piselli (1,58 kg).

Nel comparto dei vegetali la filiera ortofrutticola è sempre più controllata, certificata e orientata alla sostenibilità ambientale. Gli investimenti si concentrano prevalentemente sulla lotta integrata e sull’agricoltura biologica e biodinamica.

FRUTTA IN CRESCITA CON LA PANDEMIA

Anche sul fronte delle conserve di frutta gli italiani consumano il fresco in misura largamente superiore al trasformato. La frutta fresca rispetto a quella conservata esercita ancora su una vasta parte della popolazione un maggiore appeal per l’immagine di maggiore naturalità, contenuto vitaminico e sapore. I livelli di consumo, seppur molto più contenuti rispetto ai valori del fresco, sono però più dinamici soprattutto per quanto riguarda la frutta continentale.

Il confronto 2009-2019 evidenzia che il consumo di conserve di pesche e pere è diminuito a vantaggio di produzioni di origine estera (ananassi) o più in linea con il mutare dei gusti (fruit cocktails/macedonie). D’altra parte, i limiti alla mobilità imposti dalla pandemia hanno rivalutato la preparazione e domestica dei pasti e migliorato la percezione della frutta e della verdura conservata come alternativa affidabile e conveniente ai prodotti freschi. In questo senso esistono margini di crescita dovuti anche al fatto che il sistema produttivo regionale trova nell’industria conserviera un interlocutore spesso in grado di dare una valorizzazione specifica alla produzione locale più tipica: albicocche, ciliegie, prugne, pesche.

GDO E ONLINE: I CANALI DAL MAGGIOR POTENZIALE

Le conserve vegetali garantiscono la capillare copertura del mercato presidiando tutti i principali canali di distribuzione. Le vendite di questa categoria transitano prevalentemente da supermercati (47,7%) e gli ipermercati (22,2%).

I più recenti mutamenti socio-demografici, con il progressivo impoverimento di parte della classe media, hanno reso però imprescindibile la loro presenza anche nei discount (10,5%).

Invece tramite l’e-commerce/home shopping transita il 6,2% delle vendite, dato antecedente alla pandemia e quindi probabilmente sottostimato. A questo proposito, una maggiore presenza nei nuovi canali di vendita può aiutare aziende e catene distributive (tramite la loro private label) ad ampliare la platea dei soggetti cui proporre frutta e ortaggi conservati con tecnologie sempre meno invasive (mild tecnologies), ingredienti naturali e biologici e un ciclo di gestione dei prodotti dal campo alla tavola perfettamente sostenibile, in linea con l’evoluzione delle tendenze in materia di salute e benessere della popolazione.

IL TREND SALUTISTICO SPINGE LE VENDITE

Le proposte dell’industria saranno tanto più efficaci quanto più saranno in grado di garantire prodotti salubri, nutrizionalmente validi senza che venga penalizzato il gusto. In prospettiva, va poi rilevato che l’attuale regime alimentare dei Paesi occidentali è destinato a evolversi profondamente nei prossimi 20 anni. La necessità di coprire i bisogni nutrizionali di una popolazione mondiale in crescita, rallentare il riscaldamento globale, preservare il suolo e mantenere la qualità del cibo favorisce e continuerà a favorire una dieta più ricca di alimenti vegetali, consumabili in qualunque forma, anche come conserve.

Per questi motivi, anche se i valori di consumo si sono mantenuti stabili nel decennio (2019-2009), le prospettive di medio-lungo periodo per le conserve vegetali sembrano favorevoli. Gli ortaggi in particolare avranno un ruolo sempre più importante nell’alimentazione degli individui, trainando anche la crescita del sistema industriale.

CONFETTURE E MARMELLATE, UNA CATEGORIA DINAMICA

Nel settore delle conserve di frutta la gamma dei derivati è ampia ed articolata e ciascuna categoria di prodotto trova collocazione all’interno di un segmento di mercato autonomo, spesso caratterizzato da un basso livello di sostituibilità tra i prodotti. In particolare, tra i segmenti più dinamici si segnalano confetture e marmellate.

Nel 2019 il valore della produzione era stimato in oltre 257 milioni di euro, a fronte di esportazioni per circa 148 milioni. In questo caso tutte e tre le categorie di derivati di frutta (confetture e marmellate di agrumi e frutta ed omogeneizzati) presentano un saldo della bilancia commerciale positivo, a dimostrazione della capacità dell’offerta nazionale di compensare il rallentamento della domanda interna dovuto alla pandemia con le esportazioni.

© Riproduzione riservata