Assobibe chiede di cancellare la Sugar tax

Plauso dell’associazione per il rinvio di un anno dell’entrata in vigore della tassa sulle bevande dolci previsto in legge finanziaria
Assobibe chiede di cancellare la Sugar tax

La legge finanziaria licenziata dal Consiglio dei Ministri ha confermato il posticipo di un anno dell’entrata in vigore della cosiddetta Sugar tax. Una decisione che era nell’aria e che conferma l’inopportunità della norma introdotta nel 2019 e sinora sempre rimandata.

Accogliamo con sollievo la notizia del posticipo deciso in legge di bilancio – dichiara Giangiacomo Pierini (nella foto), Presidente Assobibe, associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di bevande analcoliche – e confidiamo che il prossimo passo sia la cancellazione definitiva della tassa, anche alla luce dei dubbi di legittimità costituzionale sollevati dal TAR del Lazio con l’ordinanza dello scorso 14 novembre”.

LA DECISIONE DEL TAR DEL LAZIO

Pronunciandosi sul ricorso presentato da Assobibe il 26 luglio 2021 contro il decreto attuativo della Sugar tax, il Tribunale amministrativo aveva infatti rimandato alla Corte Costituzionale l’esame dei commi 661-676, dichiarando “rilevante e non manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale in relazione al fatto che l’imposta è applicata alle sole bevande analcoliche contenenti edulcoranti.

Da anni ci battiamo perché venga riconosciuta la natura discriminatoria della Sugar tax: oltre che la sua inutilità ai fini salutistici e di gettito per lo Stato, soprattutto a fronte dell’impatto che avrebbe su imprese, filiera e posti di lavoro” afferma Pierini.

LA CONTRARIETÀ DI ASSOBIBE

Assobibe ricorda che la tassa, che colpisce tutte le bevande dolci – con zucchero, senza zucchero o con succo di frutta (naturalmente dolce), non lasciando alternative ai produttori in materia di innovazione di prodotto o riformulazione – si tradurrebbe in un aumento del 28% della pressione fiscale su un litro di bevanda analcolica, con un effetto recessivo (fonte: stime Nomisma) del -11,6% nel 2023 rispetto al 2022 e del -17,1% rispetto ai livelli pre pandemia, con oltre 5.000 posti lavoro a rischio. A farne le spese sarebbero soprattutto le PMI, che rappresentano il 64% delle imprese del settore: circa l’80% passerebbe da un utile ad una perdita, con conseguenze su tutta la filiera.

Il posticipo dell’entrata in vigore deciso dal Consiglio dei Ministri è un primo segnale importante per le imprese del settore – conclude Pierini –. È ora auspicabile un rapido intervento del Parlamento per una cancellazione definitiva che faciliti investimenti altrimenti bloccati da un’ulteriore tassa che sarà prima o poi giudicata incostituzionale”.

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