L’annata olivicola 2025 segna una pesante battuta d’arresto per il Lazio. Secondo Coldiretti, la produzione di olio extravergine d’oliva nella regione è destinata a crollare di oltre il 40% rispetto al 2024, complice il caldo intenso e la siccità che hanno segnato l’intera stagione.
La superficie coltivata a ulivo nel Lazio supera gli 82.000 ettari, da cui nascono quattro denominazioni Dop — Canino, Sabina, Tuscia e Colline Pontine — e una Igp, Olio di Roma. Le stime parlano di 78.500 tonnellate di olive raccolte, dalle quali si ricaveranno circa 8.640 tonnellate di olio contro le 15.600 tonnellate ottenute lo scorso anno da oltre 143.000 tonnellate di frutto.
Nonostante il calo produttivo e l’aumento dei costi di lavorazione, l’olio laziale di alta qualità mantiene un prezzo stabile: nove euro al chilo in frantoio. “Sta arrivando un prodotto di livello altissimo, che conferma l’eccellenza del made in Lazio”, sottolinea David Granieri, Presidente regionale Coldiretti e del consorzio Unaprol. “Ma serve un salto di qualità su innovazione, infrastrutture e gestione dell’acqua. Bisogna accelerare su invasi e programmazione idrica per affrontare una crisi climatica ormai strutturale”.
Tra le province, la più penalizzata è Viterbo (-50%), seguita da Frosinone (-45%), Latina (-44%), Rieti (-40%) e Roma (-40%). Oltre ai danni climatici, pesa la concorrenza estera. E in un contesto sempre più instabile, la sfida per il comparto olivicolo laziale sarà sempre più quella di coniugare qualità, sostenibilità e redditività, puntando su tecnologie irrigue efficienti e strategie di adattamento climatico di lungo periodo.