Giampiero Calzolari, cooperatori si nasce

Paolo Micheli racconta il Presidente di Granarolo: dalla sua crescita in ambito cooperativo fino all'accelerazione dello sviluppo internazionale del gruppo. Una storia esemplare.
Giampiero Calzolari, cooperatori si nasce

Lo spirito cooperativo Gianpiero Calzolari ce l’ha sempre avuto nel sangue. Non è un caso che il suo percorso professionale sia iniziato proprio con la decisione di costituire una cooperativa di giovani per offrire servizi di giardinaggio. Poi, salendo i gradini della carriera sempre all’interno del mondo cooperativo/politico, ha compiuto un lungo percorso fino a diventare Presidente del gruppo Granarolo e portando con grande coraggio e visione il colosso agroalimentare emiliano a diventare un player internazionale, presente sui mercati di tutto il mondo. Merito di un’oculata politica di acquisizioni, ma anche della capacità di offrire a retailer e consumatori esteri un paniere di prodotti vasto e completo che va dai formaggi alla pasta, dal prosciutto all’aceto balsamico. Questa strada è stata finora intrapresa da grossisti/importatori locali in tanti Paesi esteri, ma con evidenti problemi soprattutto per l’incapacità di valorizzare i brand importanti. Quindi Granarolo è di fatto la prima grande azienda italiana ad essersi affacciata sui mercati esteri con un progetto chiaro, preciso e innovativo per soddisfare la sempre maggiore richiesta di prodotti alimentari italiani nel mondo.

Le origini di Granarolo

Lo spirito della cooperazione è da sempre quello di mettere a fattor comune le forze (limitate) di singoli operatori per creare sinergie virtuose che consentano al gruppo di creare maggior lavoro e reddito. Nel mondo agricolo questa necessità è ancora più impellente, non solo per le limitate possibilità del singolo, ma anche per la ‘breve durata’ dei prodotti della terra e dell’allevamento. Un singolo allevatore può fare molto poco con il latte che ricava dalle sue mucche, perché il prodotto non dura, ha bisogno di un’azienda che confezioni o trasformi il suo latte per poi portarlo al consumatore finale. Proprio per soddisfare questa esigenza 61 anni fa è nato il Consorzio Bolognese Produttori Latte, ben presto noto a tutti come Granarolo. Per trent’anni il Consorzio è cresciuto e ha portato buoni risultati ai soci allevatori, contemplando anche l’acquisizione di alcune latterie in diversi territori. A un certo punto della sua storia, Granarolo diventa una cooperativa “unitaria” cioè rappresentativa di tutte le forze politiche del tempo, cosa rara negli anni 70 e 80. Crescendo però diventa anche un luogo dove le forze politiche iniziano a spartirsi i posti di lavoro. Si finì per esagerare, come talvolta accade, e all’inizio degli anni 90 venne chiamato a salvare il Gruppo Luciano Sita, che aveva brillantemente creato e diretto per 25 anni il grande Conad. Sita, con un piccolo gruppo dirigente, cominciò a lavorare e, tra enormi problemi, fu costretto a un’opera di risanamento molto dolorosa.

La costruzione del brand

Sono stato in Granarolo dal 1995 al 2005 e ho vissuto tutte le fasi che hanno portato una latteria in gravi difficoltà economiche a trasformarsi in un grande gruppo agroalimentare italiano. Nel maggio del 1995, dopo nove anni in MiraLanza e 15 in Barilla, arrivai in Granarolo come direttore commerciale e marketing e trovai un’azienda che aveva un grosso fatturato, ma che era la somma di
più latterie. Il marchio Granarolo era conosciuto solo da Modena a Rimini, al punto che quando ne parlavo con gli interlocutori della Gdo che conoscevo per le precedenti esperienze mi rispondevano “Grana chi?” La situazione finanziaria non brillante in cui versava il gruppo fu aggravata anche dal ‘no’ dell’Antitrust all’accordo tra Parmalat e Granarolo, togliendo di fatto alla cooperativa una delle poche speranze di sopravvivenza che aveva. Negli uffici la tensione si tagliava con il coltello, ma l’abilità di Sita e del piccolo ma coeso gruppo dirigente fecero cambiare il corso negativo di quegli anni. Sul fronte finanziario il gruppo ottenne un prestito, anche se con condizioni capestro, da Fincoper. E in quegli anni Granarolo fu la prima a parlare di latte Alta Qualità, un prodotto con caratteristiche nutrizionali e igienico-sanitarie completamente diverse. Seguì la legge che stabilì le caratteristiche del latte Alta Qualità rispetto a quello standard.

Il valore della filiera

La filiera produttiva cominciò a rappresentare il vero elemento di distintività del gruppo e a dare un valore aggiunto a Granarolo, che iniziò a mettere a disposizione grandi quantità di Latte Alta Qualità. Sul mercato lanciammo il progetto “Granarolo marca nazionale nel latte fresco”, che in quel momento pareva una mossa azzardata sia per l’abitudine del consumatore a crescere i propri figli con lo stesso latte che aveva nutrito lui, sia per la convinzione della Gdo che il latte fosse un alimento locale e infine anche per l’enorme difficoltà logistica di coprire l’intero territorio nazionale con una rete in tentata vendita (il latte durava 4 giorni più quello di produzione). Invece la scelta fu azzeccata: trasformammo il pack del latte fresco delle latterie acquisite “granarolizzandolo” progressivamente, vestimmo i caseari come il latte fresco, accompagnammo in tutta Italia il latte fresco base con il latte di Alta Qualità Granarolo e riuscimmo ad avere progressivamente, ma faticosamente, la fiducia dei retailer e il conseguente referenziamento in Gdo. Ricordo ancora che a darci per primi fiducia, ma con un carissimo listing, furono Nicotra e Gasbarrino, allora funzionari della Rinascente Sma. Il lancio della bottiglia in PVC di latte fresco Alta Qualità fu un altro passo importantissimo che permise a Granarolo di arrivare ad avere una copertura distributiva nazionale e la mise in grado di usare Promozione e Comunicazione nazionale. Si iniziò con Teo Teocoli, poi seguì Roberto Baggio poi il “latte della Lola”.

La politica di acquisizioni

L’acquisizione della Centrale del Latte di Milano nel 2000, di cui diventai amministratore delegato, fu il passo decisivo per la definitiva consacrazione di Granarolo come grande azienda nazionale e grande marca, perché spalancò le porte della Gdo. Sempre in quegli anni, si conclusero le acquisizioni di Sail di Gioia del Colle e del 50% di Calabrialatte, che permisero al gruppo di presidiare in maniera più adeguata una parte del Sud Italia. Granarolo era finalmente diventata una vera grande marca nazionale quando, nel 2005, arrivò l’acquisizione, o meglio il salvataggio, di Yomo. Da allora, sotto la guida di Gianpiero Calzolari, scelto da Luciano Sita, per proseguire l’opera, è stato avviato un nuovo percorso che ha portato Granarolo a innovare in modo importante il proprio portafoglio prodotti, a internazionalizzarsi facendosi apprezzare prima in Europa e poi nel mondo, a diversificarsi, acquisendo aziende anche al di fuori del comparto dairy.

A sinistra, Luciano Sita, ex Presidente del gruppo Granarolo, con Gianpiero Calzolari

La storia di Calzolari

Come ricordavo all’inizio, il percorso professionale di Calzolari inizia quando costituisce una cooperativa di giardinaggio a Castelmaggiore. A soli 28 anni diventa sindaco di Monzuno, carica ricoperta per otto anni, per poi rientrare per altri cinque anni in cooperativa. Costituisce una cooperativa di conduzione terreni a Bentivoglio e comincia ad assumere incarichi di rappresentanza nelle cooperative agricole, fino a diventare presidente della Legacoop Bologna, incarico ricoperto per 10 anni. Entrato nel gruppo Granarolo nel 2007 come presidente della Cooperativa Granlatte (proprietaria di Granarolo) e vicepresidente di Granarolo, diventa in seguito Presidente nel 2009, succedendo a Luciano Sita. Arrivato in Granarolo Gianpiero Calzolari si trova quindi a presiedere un gruppo molto cresciuto con un marchio noto e carico di valori, ma anche con tanti gravi problemi da risolvere:

  • la faticosa “digestione” della Yomo, che aveva portato una gravissima perdita al bilancio del 2006;
  • l’ingresso della marca privata nel latte fresco, con l’inesorabile perdita di ricchezza per tutta la catena produttiva e distributiva italiana;
  • l’andamento negativo dell’intero comparto del latte, andamento che perdura anche adesso.

Morale: il grande colosso agroalimentare, leader nel mercato del latte fresco, secondo nel latte UHT e protagonista nei caseari freschi e nello yogurt, si trova ad avere il proprio core business, il latte ed in particolare il fresco, dal quale traeva la maggior parte degli utili, pesantemente in difficoltà. L’intero modello di business su cui era stata costruita la grande Granarolo era quindi diventato parzialmente inadatto ad affrontare il mercato.

Valori e mission

Con questo pesante fardello, nel 2010 Calzolari deve reinventarsi la Granarolo. Con grande coraggio e velocità, insieme alla sua squadra, mette in atto una strategia di sviluppo dell’azienda fondata su tre pilastri: innovazione, diversificazione, crescita internazionale. Devo confessare che, pur avendo lavorato dieci anni in Granarolo, all’inizio da fuori ci capivo poco: vedevo l’azienda fare un sacco di cose in modo che mi pareva confuso, proponendosi alla Gdo ed al consumatore quasi più come un grossista che come produttore. Ma poi ho capito la strategia: partendo da una quota export piccola e basata sul Parmigiano Reggiano, Calzolari e il direttore generale Corbari hanno capito la lezione che tutti noi conosciamo, ma che nessuno prima di loro aveva mai affrontato in maniera seria e strutturale e cioè che in realtà per essere rilevanti sul fronte export non ci si può presentare sui mercati esteri con una o poche famiglie di prodotti. Il made in Italy che funziona di più è un intero paniere di prodotti, fatto sì dai caseari italiani, ma anche dalla pasta, dal prosciutto , dall’aceto balsamico, ecc… Il progetto globale di sviluppo del gruppo ha previsto, quindi, da un lato il forte presidio del mercato italiano adeguando l’offerta a una domanda in grande trasformazione attraverso innovazione e acquisizione di nuove aziende, per coprire tutte le aree che stanno sostituendo o integrando il latte e derivati; dall’altro la spinta sui mercati esteri attraverso un’offerta di prodotti italiani talmente ampia da non temere competitor.

L’ingresso del quartier generale di Granarolo, a Bologna

La mappa dell’export

In particolare, lontano dall’Europa, l’obiettivo è il presidio di molti Paesi (62 a oggi) come produttori di prodotti lattiero caseari e distributori di prodotti italiani. Nel 2011-12 è nata Granarolo Iberica ed è stato finalizzato l’acquisto di Lat Bri e Casearia Podda. Nel 2013 si è costituita Granarolo International ed è stato acquisito Cipf Codipal, secondo player nel mercato francese di prodotti caseari italiani, nato da una partnerniship con Amalattea ed è stato costituito Granarolo UK TLD. Nel 2014 il gruppo ha acquisito Pinzani 1969 (pecorini toscani), Almalattea Italia (formaggi sardi), Gennari Italia (Parmigiano Reggiano e prosciutto di Parma ) e costituito Granarolo Cina. Nel 2015 è stato costituito Ganarolo Chile, acquisito Pastificio Granarolo, Europea Food LTD , Yeam Distribuidora De Alimentos Ltda ( Brazil) e un distributore in Estonia divenuto Granarolo Baltics Ou. Nel 2016 sono entrati nel gruppo Conbio (gastronomia vegetale), sfida ed è andato nel Gruppo Pam (Corbari era già stato nel retail in Esselunga). A mio avviso Calzolari, anche in questo caso, ha fatto una grande mossa nominando nuovo Direttore Generale Filippo Marchi. Come ho avuto modo di scrivere a Calzolari nella lettera di congratulazioni, la scelta è ricaduta su una persona solida, dal grande potenziale, che privilegia il fare rispetto all’apparire e che sono sicuro porterà a Calzolari e al Gruppo Granarolo ulteriore successo. Gianpiero Calzolari è anche coordinatore del settore lattiero/caseario dell’Alleanza delle Cooperative ed è Presidente delle Fiere di Bologna.

© Riproduzione riservata