Private label: quanto pesa nella scelta dell’insegna?

L’analisi di Food Marketing Institute (FMI) e IRI sull’importanza della marca del distributore per i retailer statunitensi. Il 46% dei consumatori – contro il 35% di tre anni fa – si dice influenzato da tipo e qualità di private label

Secondo l’ultima ricerca di Food Marketing Institute (FMI) e IRI gli spostamenti più frequenti degli acquirenti, l’aumento della velocità nelle operazioni di vendita e il maggior numero di articoli presenti nel carrello della spesa stanno contribuiendo a rafforzare le vendite di private label negli Stati Uniti.

Il successo premia in particolare i grocer che approfittano delle linee di private label per innovare, e non solo per copiare marchi nazionali come in passato. Secondo il vice presidente del FMI, Doug Baker “la prova è la soddisfazione del consumatore; la grande maggioranza degli acquirenti intervistati ha fiducia nella qualità dei marchi del distributore ed è convinta che garantiscano un buon rapporto qualità-prezzo. Tuttavia la nostra ricerca indica che le sfide per l’immagine delle private label non sono finite: a partire dal packaging”.

LA CRESCITA DELLA MARCA PRIVATA

Negli Stati Uniti le private label hanno anche permesso ai grocer di fidelizzare i clienti in un contesto di forte concorrenza. La società di market intelligence Numerator ha recentemente scoperto che chi acquista articoli a marchio privato presso Costco (pollo e rosticceria) o Trader Joe’s (gnocchi di cavolfiore) acquista con maggiore frequenza e spende più di altri clienti.

Tra i maggiori investitori in private label troviamo Publix, Target e Kroger. Proprio la scorsa settimana, ShopRite ha introdotto due nuovi marchi privati premium, che assorbiranno alcuni dei suoi brand già esistenti.

Negli USA, molti osservatori parlano di private label come protagoniste di una vera e propria disruption nell’ambito del retail, a partire dalla crescita accelerata delle vendite: dal 2,2% nel 2015 al 5,8% nel 2018, con una crescita di ben quattro volte più veloce rispetto ai marchi nazionali (fonte: Coresight Research).

Target e Kroger sono i player che negli ultimi tempi hanno intensificato maggiormente i loro investimenti in questo genere di prodotti in private label, seguendo la via tracciata da anni da parte di Aldi, Lidl, e Amazon. Kirkland di Costco resta tuttora il punto di riferimento del settore, con vendite che l’anno scorso hanno superato i 39 miliardi di dollari riflettendo un tasso di crescita superiore al 10%.

I VANTAGGI DELLE PRIVATE LABEL

Secondo Coresight, i vantaggi chiave che i retailer possono ricavare dallo sviluppo di marchi del distributore riguardano soprattutto il rapporto diretto con i clienti. L’accesso ai dati delle transazioni e dei programmi di fidelizzazione fornisce ai rivenditori un potente database che possono analizzare per comprendere meglio i clienti: cosa che con i marchi nazionali non è possibile nelle stesse dimensioni. Senza dimenticare che i costi per il marketing e la distribuzione ai consumatori finali sono notevolmente inferiori.

Anche la presenza di discount di generi alimentari come Aldi e Lidl ha un impatto significativo sulla quota delle private label nel largo consumo statunitense. Il discount infatti è il format che più di tutti punta sulla marca privata. Aldi prevede di passare da oltre 1.800 store a circa 2.500 entro il 2022 mentre Lidl punta a 100 punti vendita negli Stati Uniti entro la fine del 2020.

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