Ricostruiamo ‘la barca’

Dopo la pubblicazione ieri dell’editoriale di Paolo Dalcò abbiamo ricevuto da Oscar Farinetti alcune sue riflessioni che condividiamo con i lettori
Ricostruiamo ‘la barca’

Bella la provocazione dell’amico Paolo Dalcò. Accetto la sfida io che non ho mai dato troppa importanza alla politica e ho sempre preferito occuparmi di impresa, di famiglia, di società. Ma se la politica gioca contro il miglioramento della società, allora anche noi persone comuni abbiamo il dovere di indicare una strada. Vi dico la mia. Oggi in Italia c’è una continua campagna elettorale, con toni abbruttiti. Se pensiamo che la politica debba essere l’arte del governo è arrivato il momento di riparare ‘la barca’. Inutile discutere azzuffandosi, sulla direzione da prendere, navigando su una barca che affonda. È un problema di struttura, non si tratta solo di una crepa nello scafo, dobbiamo intervenire sull’anatomia dell’imbarcazione. La priorità è di evitare che affondi e che la ciurma non passi tutto il tempo a mandarsi reciprocamente a quel paese. La soluzione che propongo è quella “0.0” poiché non si tratta di una riparazione, bensì di una vera e propria ricostruzione. Tre le priorità.

1. Si vota una volta sola, ogni 5 anni, per Stato, Regione e Comune. Una volta sola, tutti insieme, negli stessi giorni. Se succede che il Governo di una o dell’altra istituzione cade, e non c’è modo di ricomporlo, si va al commissariamento fino alla prossima data naturale delle elezioni. Per lo Stato e le Regioni il commissario tecnico sarà deciso dal Presidente della Repubblica, per i Comuni sarà indicato dal Presidente della Regione di appartenenza. Il Commissario sceglie i ministri e gli /assessori.

2. Il sistema elettorale è il medesimo per i tre livelli di governo, quello attuale dei Comuni. Doppio turno, con il secondo che prevede la scelta tra i due leader di partito o coalizione che hanno preso più voti al primo turno.

3. Il leader vincente forma il Governo e decide i ministri e gli assessori, scegliendoli per il 65% tra persone appartenenti al proprio partito/coalizione e per il 35% tra persone appartenenti alla parte sconfitta al secondo turno. Sui decimali si trova una formula semplice.

Una riforma questa che, per forza di cose, deve essere costituzionale. Facciamo una campagna elettorale una volta sola ogni 5 anni e chi vince governa. Questi sono i punti essenziali, e irrinunciabili, per mettere in acqua una barca in grado di navigare. Aggiungo ora altri tre punti, non fondamentali, ma che considero importanti per migliorare la navigazione.

4. Ottima cosa la diminuzione del numero dei parlamentari già approvata, speriamo che gli italiani in referendum la mantengano.

5. Occorre ristabilire il livello dei compensi per i politici. È assurdo che un semplice parlamentare guadagni di più di un sindaco di una grande città. Dunque devono diminuire i compensi dei politici eletti “semplici” e migliorare quelli dei politici eletti che governano, allineandoli alle responsabilità. Ricordo solo che chiunque faccia impresa sa bene che, se i compensi dei propri collaboratori non sono proporzionali alle responsabilità e alla quantità di lavoro svolta, l’azienda non funziona.

6. Nelle scuole italiane si mettono in piedi corsi di educazione civica e costituzionale facoltativi, aperti a tutti i cittadini (per esempio ogni mercoledì alle ore 18, due ore). A partire da due mesi prima delle elezioni i cittadini che intendono esercitare il proprio diritto di voto devono recarsi, nella sua scuola di competenza, a compilare un questionario di poche domande semplici che riguardano l’assetto costituzionale delle istituzioni. Chi sbaglia la maggioranza delle risposte non vota.

Nei giorni scorsi siamo riusciti a suscitare in giro per il mondo il sentimento supremo, quello che, se ben gestito, può portare a gran risultati senza troppa fatica: la pietà. Personaggi come Lady Gaga e Sharon Stone hanno esternato la pietà che provano per noi italiani. Dolcissime, hanno dichiarato tutta la tenerezza che provano per noi. Mi sento in dovere di ringraziarle, ma debbo anche riconoscere che sono le punte di diamante di un sentimento diffuso che siamo riusciti a creare a colpi di reddito di cittadinanza, d’emergenza e di piangerci addosso. Ce l’abbiamo fatta: a forza di raccontarci disfatti, incivili, poveri, tristi, pessimisti, lamentosi, corrotti e, per non farci mancare niente, anche mafiosi. Una narrazione che, messa a confronto con la fulgida storia della nostra penisola, ci porta alla condizione di essere guardati con commossa pietà.

Anche Der Spiegel incita i propri governanti a guardare agli italiani con un occhio più benevolo e a concederci i tanto implorati Eurobond. Mica per fiducia, per pietà. Scrive il settimanale tedesco: “Da 30 anni lo Stato italiano spende meno per i suoi cittadini di quello che prende loro in tasse. Gli investimenti pubblici in Italia sono stati tagliati di un terzo dal 2010 al 2015. Si sono rimpicciolite le spese per l’istruzione e la pubblica amministrazione. Un vero e proprio collasso. Questo mentre in Germania la spesa pubblica è cresciuta quasi del 20%. Ossia lo Stato spende a testa un quarto di più di quello che spende in Italia. Il che in questi giorni si percepisce dolorosamente. In Italia è avvenuto un dramma incredibile: sono mancati i posti letto e sono morte tante persone che oggi forse potrebbero essere ancora in vita. Ora, è chiaro che tutto ciò non sia colpa della Germania, tuttavia è giunta l’ora di mettere fine a questo dramma e magari proprio con gli Eurobond”.

Chissà se Der Spiegel riuscirà a convincere la Germania a creare una forma di debito condiviso in Europa per affrontare l’emergenza. Sostanzialmente sollecita la propria nazione a farlo per pietà, il classico sentimento della “pietas” di romana memoria. Prende nota che siamo degli sfigati, ma talmente in difficoltà da meritare un gesto di clemenza.
Ecco l’immagine generale che ci portiamo addosso. Se, in tempi normali, questa fotografia dell’Italia esisteva in modo latente, ma veniva combattuta ogni giorno dalle straordinarie performance all’estero dei nostri lavoratori, imprenditori, artisti, scienziati, ristoratori, operatori turistici, sportivi, con l’emergenza virus è tornata in primo piano la nostra incapacità politica e sociale di risolvere i problemi. Abbiamo politici italiani che, allo scopo di rimbrottare l’attività del Governo ci hanno sputtanato all’estero. Abbiamo politici del Governo che sanno parlare solo di assistenzialismo e si fanno filmare perennemente in aeroporto ad accogliere aiuti umanitari. Abbiamo media che descrivono il nostro Paese in uno stato di sciagura perenne. Abbiamo centinaia di magistrati che hanno aperto centinaia di fascicoli contro migliaia di Italiani che avrebbero procurato la morte di innocenti. E poi c’è la Rete, dove ci distinguiamo con un lessico e certe affermazioni da brividi… mentre il mondo ci guarda.

Ammetto che esistono anche buone ragioni per questi comportamenti, ma trovo che il mood narrativo superi i contenuti e soprattutto non tenga conto ti tante cose buone compiute dallo Stato e dal popolo italiano in questa emergenza.

70 anni fa il piano Marshall fu un gesto di grande pietà da parte degli Usa verso l’Europa e allora la meritavamo tutti, non solo noi. In Italia arrivò più di un miliardo di dollari (70 anni fa!) in Germania (ovest) uno e mezzo, in Francia il doppio di noi e tre volte in Gran Bretagna. Ma poi noi Italiani ci rimboccammo le maniche: nuovi sentimenti come la fiducia, il coraggio, l’impegno, il senso del dovere e la creatività impregnarono le menti, i cuori… e le braccia di quella generazione benedetta che raccolse le rovine dei loro padri. Partì un comune delirio di positività e di fiducia: tra i lavoratori, gli imprenditori, i politici, i media, gli artisti eccetera. In 20 anni di lavoro e passione riuscimmo a diventare la quinta nazione al mondo per prodotto interno. Non dovremmo far altro che copiare da quella generazione. Incominciando dai sentimenti.
(La versione completa di questa opinione di Oscar Farinetti è sul sito m.huffingtonpost.it)

Oscar Farinetti
Oscar Farinetti
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