Ortofrutta: con il clima ostile filiere più grandi e unite

La domanda di ortofrutta andrà a consolidarsi anche dopo la pandemia. Ma la frammentazione del sistema ortofrutticolo nazionale aumenta l’esposizione delle aziende al climate change
Ortofrutta: con il clima ostile filiere più grandi e unite

L’offerta italiana di ortofrutta è in grado soddisfare la parte più consistente della domanda interna e competere con l’offerta degli altri Paesi in tutti i mercati del mondo. La categoria merceologica economicamente più rilevante è quella degli ortaggi (cavolfiori, pomodori, ecc.), la cui Produzione lorda vendibile (Plv) è stata stimata sui 7 miliardi di euro nel 2020 in base ai dati analizzati da Nomisma. La frutta è in seconda posizione con 2,8 miliardi di euro seguita da agrumi, uve (da tavola e da vino) e patate (fonte: Eurostat).

La Plv misura annualmente il valore di un sistema produttivo teso a valorizzare salubrità e territorialità (Dop/Igp) dell’ortofrutta. A questo scopo, l’intera filiera è impegnata nel ricercare il migliore equilibrio possibile tra le fasi di coltivazione e raccolta con un utilizzo sostenibile delle risorse naturali del territorio. La stima della Plv ortofrutticola per il 2020, messa a confronto con la corrispondente produzione agricola è la più elevata dell’ultimo decennio (24,1%). Nonostante la produzione frutticola di intere regioni continui a essere minacciata dai cali di produzione causati dall’inaspettata comparsa di insetti dannosi (cimice asiatica).

Nel 2020 la virulenza del fenomeno e le correlate perdite sono state più contenute, ma il rischio per la produzione di molte colture ortofrutticole permane anche per il futuro. Questa situazione di incertezza condiziona negativamente le scelte di investimento degli operatori e mette a rischio i livelli di autosufficienza del Paese, in particolare quelli della frutta (133%). Inoltre, nel corso dell’anno molti eventi climatici estremi hanno interessato il territorio nazionale (soprattutto gelate), danneggiando le coltivazioni e facendo schizzare i prezzi, in particolare degli ortaggi, con ricadute anche sulle quotazioni al dettaglio e quindi sull’inflazione.

Ortofrutta

SALE LA DOMANDA DI AGRUMI. IN CALO LA IV GAMMA

Nel 2020, la pandemia ha compromesso il raccolto a causa dei prolungati lockdown, penalizzando i volumi di produzione. La mancanza di prodotto ha riguardato in particolare la frutta estiva (pesche, nettarine, albicocche, ciliegie, prugne), le pere e i kiwi. Il rialzo dei prezzi si è tradotto in un incremento della spesa di frutta dal -3,4% del 2019 al +9,7% nel 2020. L’emergenza sanitaria ha sostenuto soprattutto la domanda di agrumi, richiesti perché ricchi di vitamina C, determinando una crescita della spesa delle famiglie pari al 15,5 per cento. Elevato anche l’interesse per la frutta in guscio, cresciuta a un tasso dell’8,8 per cento. Tra i prodotti orticoli va segnalato l’incremento della spesa per le patate (+13%), cui si è contrapposto il calo dei prodotti di IV gamma (-5,3%).

PIÙ ATTENZIONE A PRODOTTI LOCALI E BIOLOGICO

Uno dei tanti effetti collaterali della pandemia è la maggiore attenzione da parte del consumatore italiano verso il cibo locale, prediletto sia per motivi legati alla sostenibilità ambientale e sia per supportare le aziende ortofrutticole nazionali. In questa logica va letta anche la forte crescita del consumo di frutta biologica, che già prima della pandemia registrava ottime performance. In Gdo, nel periodo 2015-2019, il fatturato di frutta e verdura bio confezionata è cresciuto senza soluzione di continuità fino a sfiorare i 150 milioni di euro. La frutta confezionata è la categoria merceologica più consistente come vendite (67 milioni di euro) e anche quella che ha messo a segno uno dei tassi di crescita più elevati (+58,6%) nel periodo preso in considerazione. Si segnala anche l’aumento degli ortaggi confezionati (+26,7%), a fronte però di una forte battuta d’arresto delle verdure di IV gamma (+63,7%).

CRESCE IL NUMERO DELLE OP

Le aziende che producono ortofrutta sono ancora in gran parte di piccole dimensioni. Negli ultimi anni questo problema è stato attenuato da forme di associazionismo nate per favorire la concentrazione della produzione e rafforzare la forza contrattuale del settore primario rispetto agli altri stadi della filiera (industria, commercio).

Ortofrutta

Un impulso decisivo a questa evoluzione è venuto dalle Organizzazioni dei produttori (Op, Aop) il cui proliferare ha favorito la coesione delle aziende, permettendo di migliorare la qualità dell’offerta ortofrutticola. A inizio 2021 risultavano iscritte nell’elenco nazionale 316 Organizzazioni di produttori (di cui 14 Aop). La specializzazione produttiva indica che il 71,4% degli organismi copre sia la produzione di frutta che di ortaggi, mentre il restante 28,6% ha un livello di specializzazione maggiore. Il 15% delle Op produce solo ortaggi, il 3,4% agrumi e il 2,7% frutta a guscio.

La panoramica dell’offerta italiana di ortofrutta è poi completata da una quota del 7,5% di Op che producono ortofrutta destinata a essere usata come materia prima dal settore industriale. Il sistema delle Op è alla base della politica comunitaria 2023-2027, che prevede sostegni finanziari per il rafforzamento della loro capacità organizzativa e di sviluppo dell’innovazione.

PIÙ VALORE ALLA CATEGORIA GRAZIE ALLE DOP E IGP

La piccola dimensione di molte aziende ortofrutticole è anche un elemento segnaletico del valore di prodotti con qualità così legate al territorio di origine da meritare una specifica tutela. Nel 2019 (anno più recente disponibile) i prodotti ortofrutticoli coperti da Indicazione Geografica sono stati 116 (37 Dop e 79 Igp), per un valore alla produzione di 318 milioni di euro in crescita del +2,3% rispetto al 2018. Il giro d’affari al consumo è a sua volta cresciuto del 27,1% per un valore di 894 milioni di euro, spinto dal crescente interesse per queste produzioni.

Soltanto le esportazioni hanno segnato il passo, registrando 134 milioni di euro in flessione del 40 per cento (fonte: Qualivita 2020).

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