Olio, come orientarsi in un anno turbolento

Promossa da Oleificio Zucchi e Food, la settima edizione dell’osservatorio filiera olio d’oliva ha messo a confronto i vari protagonisti su temi come produzione, consumi e strategie commerciali
Olio, come orientarsi in un anno turbolento

Una campagna di scarica con una produzione nazionale stimata attorno alle 170mila tonnellate (quasi il 40% in meno rispetto alla stagione precedente); rincari esorbitanti a vari livelli del ciclo produttivo; siccità che si è protratta fino in autunno; mutamento delle abitudini d’acquisto dei consumatori. Il tutto, in un contesto economico in cui la spirale inflattiva galoppa a doppia cifra e non sembra arrestarsi. Non c’è dubbio: il settore olivicolo-oleario ha vissuto tempi migliori. Ma è dalle difficoltà che bisogna ripartire. È da questo scenario turbolento che ha preso il via, lo scorso 17 ottobre, la settima edizione dell’osservatorio filiera olio d’oliva, organizzato in partnership tra Oleificio Zucchi e Food per individuare alcune leve di rilancio per il settore e generare valore a tutti i livelli della filiera. “Un obiettivo tanto ambizioso quanto cruciale per affrontare il complesso contesto socio-economico che stiamo attraversando e cercare di programmare al meglio il prossimo futuro”, come ha ricordato Roberto Lion, Direttore esecutivo Oleificio Zucchi, nei saluti inaugurali al tavolo dei lavori. 

CAMPAGNE AL RIBASSO

A mettere a fuoco l’obiettivo sulla campagna olivicola 2022-2023 che sta già volgendo al termine (in netto anticipo sulla scorsa, che si è conclusa a febbraio 2022) ci ha pensato Diego Ghisoni, Direttore divisione Hpl-Olive Oil Bulk Oleificio Zucchi, che ha ribadito come quest’annata si stia rivelando critica non solo per l’Italia, ma anche per gli altri Paesi del bacino del Mediterraneo. A partire dalla Spagna, primo player mondiale, che chiuderà con circa 750mila tonnellate prodotte (l’anno scorso erano 1,5 milioni). Per quanto riguarda l’Italia, l’alto tasso d’incertezza che contraddistingue il mercato ha cause di natura generale e specifiche. Tra le prime si annoverano: situazione globale post Covid e conflitto russo-ucraino, medio bassa disponibilità di materie prime, diminuzione del potere d’acquisto da parte dei consumatori. Tra le cause specifiche che riguardano da vicino il nostro Paese ci sono: campagna critica 2022-2023, ending stock medio bassi, alte temperature estive che hanno inficiato sulla maturazione delle olive, a cui si sono aggiunti la mancanza di piogge e gli attacchi della mosca olearia che hanno peggiorato ulteriormente la situazione; infine, si riscontra una diminuzione generalizzata del consumo d’olio d’oliva.

LA FILIERA AL TAVOLO

Dopo aver inquadrato meglio lo scenario produttivo, la tavola rotonda ha messo a confronto i vari anelli della filiera: dai produttori, grazie agli interventi di Francesco Bosio, Direttore generale Op Latium, e Giuseppe Gallo, Coordinatore tecnico Agrisana, alla distribuzione, con Matteo Bossi, Responsabile acquisti olio e grocery Bennet; passando per i frantoiani, ben rappresentati da Paolo Mariani, Presidente Assofrantoi, e l’industria, con Francesco Tabano, Direttore divisione consumer Oleificio Zucchi; fino alla case history internazionale, che grazie alla presenza di Jeremias Tavora, Direttore generale Olibest, tra i primi cinque frantoi del Portogallo, ha permesso ai partecipanti di estendere l’orizzonte di veduta.

SU I VALORI, GIÙ I VOLUMI…E LE PROMO

Per svelare come questo scenario si riverbera a valle sui consumi italiani è stato determinante l’intervento di Eleonora Formisano, Business Development manager NielsenIQ. Tra i comparti del Lcc, che cresce del 6,2% a valore (dato progressivo a settembre 2022, tot. Italia; +0,1% il trend a prezzi costanti), l’olio extravergine registra trend del +5,8% a valore (per 839 milioni di euro) e del -5,8% a volume (per 163 milioni di litri). Con un prezzo medio che, nell’ultimo anno ha raggiunto quota 5,14 euro al litro (+12,4% sul 2021). A incidere sull’aumento dei prezzi dell’olio evo ci sono tre fattori principali, l’inflazione, le promozioni, meno ‘aggressive’ ma anche meno efficaci, e la crescita delle referenze premium: vale a dire quelle che includono almeno una delle caratteristiche 100% italiano, bio e non filtrato; parliamo di un giro d’affari che ha superato i 350 milioni di euro (il 41,7% delle vendite a valore totali di extravergine) e i 51 milioni di litri (29,1% la quota a volume), per un prezzo medio al litro di 6,81 euro. Da segnalare la performance del segmento 100% italiano, che rappresenta il 27,5% delle vendite totali a volume, a quota 44,8 milioni di litri (+5,7%). In generale, ai cali di volumi e all’inflazione fanno da contraltare l’alta elasticità di prezzo, l’allargamento dell’offerta a scaffale, che finisce per generare confusione agli occhi di un consumatore disorientato e ‘infedele’ nei confronti della marca, e la crescita delle fasce di prezzo medie.

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