Trimestre anti-inflazione, l’industria alimentare non firma

Il progetto del governo per combattere l'aumento dei prezzi da ottobre a dicembre riceve l’appoggio della distribuzione moderna, ma non quello delle imprese di trasformazione che sottolineano i costi troppo alti e possibili problemi con l’Antitrust
Trimestre anti-inflazione, l’industria alimentare non firma

Il progetto del governo per un ‘trimestre anti-inflazione’ da ottobre a dicembre sembra destinato a finire pesantemente depotenziato. L’industria di trasformazione ha sottolineato infatti di non potere aderire allo strumento, che ha l’obiettivo di raffreddare il più possibile l’aumento dei prezzi dei beni di consumo a partire dagli alimentari.

Il motivo del diniego da parte delle industrie risiede in primo luogo nei prezzi troppo alti, e comunque costantemente oscillanti, di materie prime ed energia. Ma anche in una serie di ostacoli che Centromarca e Ibc individuano nella normativa Antitrust, che a loro dire “non consente di promuovere presso le aziende associate gli impegni oggetto del protocollo”. A questo proposito, l’industria alimentare si è attirata gli strali di Federdistribuzione, che in una nota parla di “argomentazioni pretestuose e strumentali”.

LA POSIZIONE DELLA DISTRIBUZIONE…

I dati diffusi da Istat relativi alle vendite al dettaglio dello scorso giugno evidenziano un incremento tendenziale a valore del +3,6%, al quale tuttavia corrisponde un calo a volume del -3,5%. “Nonostante la crescita dei prezzi stia rallentando, i consumi continuano a rimanere in terreno negativo per quanto riguarda i volumi di vendita, a causa degli effetti inflattivi e dell’incertezza che hanno caratterizzato i mesi scorsi”, commenta Carlo Alberto Buttarelli, Presidente Federdistribuzione. L’andamento negativo dei consumi, soprattutto nel comparto alimentare, continua a destare preoccupazione facendo registrare un significativo calo dei volumi di vendita. “Negli ultimi diciotto mesi le aziende della distribuzione moderna si sono impegnate in uno sforzo straordinario – sottolinea Buttarellicon l’obiettivo di sostenere le famiglie, per frenare il più possibile l’impatto inflattivo al consumo derivante dai rincari dei prezzi di produzione, comprimendo in maniera significativa i propri margini”.

A questo proposito, la distribuzione moderna dichiara piena collaborazione con il governo sul cosiddetto ‘Trimestre anti-inflazione’, esprimendo la propria disponibilità a firmare il protocollo su un paniere di prodotti a prezzi calmierati, che “assumerebbe maggiore efficacia se condiviso anche con il settore della trasformazione industriale”, afferma il Presidente di Federdistribuzione. “Da mesi chiediamo all’industria di mostrare senso di responsabilità verso le famiglie, abbassando, laddove possibile, i propri listini di vendita. Ancora una volta l’industria di trasformazione, sollevando argomentazioni pretestuose e strumentali, si dichiara indisponibile a sottoscrivere l’accordo”.

… E QUELLA DELL’INDUSTRIA DI TRASFORMAZIONE

L’iniziativa del governo per contrastare l’inflazione impegnerebbe in sostanza le organizzazioni a promuovere presso le aziende associate azioni volte a offrire prezzi calmierati su una serie di beni, a partire da quelli del cosiddetto carrello della spesa, e a non aumentarne il prezzo dal primo ottobre al 31 dicembre prossimi.

Con una nota ufficiale Centromarca e Ibc definiscono “non praticabile la sottoscrizione del protocollo”. Il primo problema, tra quelli individuati dalle due organizzazioni che insieme rappresentano più di 33.000 imprese, riguarda i costi delle materie prime. “La gran parte delle industrie – si legge nella nota – è impegnata nella definizione di contratti di acquisto delle materie prime con prezzi che oscillano costantemente. Nomisma, per le commodity agricole su base indice Fao, registra le seguenti variazioni tendenziali (giugno 2023 rispetto a gennaio 2020): zucchero +74%, cereali +26%, carne +14%, lattiero caseari +12%, oli vegetali +6%. Rispetto a gennaio 2021 il costo del vetro è cresciuto del +88%, la carta del +65%, il pet del +37%. I costi logistici si mantengono alti. Un’azione di controllo dei prezzi, a prescindere da queste variabili e dalle differenti condizioni delle singole aziende, rischia di pregiudicare la tenuta del tessuto produttivo, soprattutto delle piccole e medie imprese”. Anche da qui arriva l’auspicio di “una riduzione sensibile dell’Iva sui beni di consumo, ulteriori tagli al cuneo fiscale e azioni che portino la concorrenza nei settori in cui non è presente”.

I bilanci industriali registrano, sempre secondo Centromarca e Ibc, riduzioni dei margini. L’impegno dell’industria nel contenimento dei prezzi è confermato, si legge ancora nella nota, dal fatto che “nel 2022, a fronte di un impatto dell’inflazione che ha determinato una crescita della spesa complessiva delle famiglie pari a 446 euro mensili (rispetto al 2021, dato Istat) l’impatto del carrello della spesa stimato da Nielsen è stato di 35 euro”.

Infine, “verifiche legali hanno appurato che la normativa Antitrust non consente a Centromarca e a Ibc di promuovere presso le aziende associate gli impegni oggetto del protocollo”. Secondo le associazioni delle imprese, infatti, “ogni industria, nel rispetto della legge, agisce in autonomia sia nel rapporto con fornitori e clienti sia nella definizione delle politiche commerciali. Un’intesa che ‘controlli’ i prezzi (anche al ribasso) costituirebbe un potenziale cartello, sanzionabile da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. L’attuazione del contenuto del protocollo determinerebbe, inoltre, interferenze nelle relazioni di filiera ed una distorsione della concorrenza tra le imprese, che competono tra loro sulla base di posizionamenti, margini e politiche di prezzo differenziate”.

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