L’Italia dei formaggi ai raggi X

L'indagine Food Insider realizzata da Doxa in esclusiva per Food mette in luce l’ampiezza dell’offerta casearia a peso imposto nel nostro Paese e l’importanza assegnata al comparto dai consumatori. A cominciare dai millennials
L’Italia dei formaggi ai raggi X

Sono ovunque: nei banchi frigoriferi di tutti i punti vendita alimentari, dove l’offerta è ampia e articolata; sulle tavole degli italiani, che in larghissima maggioranza si dichiarano consumatori abituali. I formaggi nel food hanno un ruolo insostituibile, dovuto alle dimensioni del comparto e al suo essere custode della tradizione gastronomica italiana – fatta di innumerevoli localismi caseari – ma permeabile a trend quali l’attenzione al benessere, la richiesta di prodotti ‘leggeri’, con un minor contenuto di grassi e calorie. Un mondo che, sotto il profilo distributivo, vive in due dimensioni differenti: il banco gastronomia, dove trova spazio anche l’offerta più ricercata, e il libero servizio che vede entrare in gioco elementi come la marca, il contenuto di servizio, il percepito di qualità e convenienza. Ed è questo secondo ambito – cioè il cosiddetto peso imposto, più facilmente misurabile e comparabile – ad essere oggetto della rilevazione di Food Insider, l’iniziativa nata dalla partnership tra Doxa – prima società indipendente di ricerca e analisi di mercato in Italia – e il mensile Food. L’indagine è stata realizzata dal 3 al 12 ottobre scorso in 112 punti vendita di otto insegne: Carrefour, Conad, Coop, Despar, Esselunga, Pam-Panorama, Simply, Unes (15 negozi visitati per ciascun retailer con l’eccezione di Despar, rappresentato da sette unità commerciali). Le informazioni raccolte in store sono state integrate da un’indagine at home che ha interpellato un campione di 100 consumatori italiani appartenenti alla community Doxa-Roamler, rappresentativa della popolazione ‘smart’, cioè utilizzatrice avanzata di smartphone.

Le dimensioni del reparto

Il primo dato preso in esame nei punti vendita è la quantità di spazio dedicata ai formaggi a peso imposto. Ancora una volta – come nel caso delle analisi di Food Insider focalizzate sui mercati caffè, pasta di semola, biologico e salumi – il raffronto tra superfici commerciali di dimensioni diverse è reso possibile mediante la rilevazione del numero di elementi di lineare – considerati come unità di base dell’arredo – destinati al reparto, assegnando a ciascuno di essi la lunghezza convenzionale di un metro. La classifica delle insegne vede al primo posto Coop con 6,8 metri di esposizione di formaggi a peso imposto – dichiara Paola Caniglia, Retail & Crowdsourcing Director di Doxaa fronte di una media considerevolmente più bassa, pari a 4,8 metri. Netto anche il divario tra il leader della Gdo e gli ‘inseguitori’: Esselunga è l’unica – oltre Coop – a superare (seppur di poco) i 6 metri, mentre Pam-Panorama si ferma a 5,3 metri. Gli altri cinque retailer oggetto dell’analisi sono tutti sotto la media: Carrefour 4,3 metri, Simply 4,2 metri, Unes 4,1 metri, Conad 3,9 metri e infine Despar – che si metterà in luce in ambito private label, come vedremo – chiude la classifica con 3,1 metri. È però utile ripetere che l’analisi di Food Insider ha preso in esame solo i prodotti confezionati a libero servizio, escludendo quindi il banco gastronomia che di certo arricchisce ulteriormente l’offerta di tutte le catene anche sotto il profilo dello spazio e della visibilità data al comparto.

I prodotti presenti nel banco frigo

Ma quali sono le tipologie di formaggi a peso imposto presenti nei banchi frigo? La domanda posta ai rilevatori della community Doxa-Roamler incrocia un tema delicato, la categorizzazione dei formaggi, di per sé complessa e non univoca. In ogni caso, limitando l’esame alle macro-famiglie, è evidente come la referenziazione sia massiccia e omogenea tra le varie catene: i formaggi a pasta dura, semidura, molle, freschi e industriali sono presenti in praticamente tutti i 112 negozi visitati. Le percentuali restano altissime – e non poteva essere diversamente – anche nel caso dei ‘campioni’ del lattiero caseario: tra i duri Parmigiano Reggiano e Grana Padano sfiorano l’en plein, mentre il pecorino è stato segnalato nel 66% dei negozi visitati. Nei semiduri la palma del più referenziato – in base a questa rilevazione Doxa – va al formaggio con i buchi (97% dei punti vendita), ma molto consistenti sono anche le percentuali di provola/provolone (88%), Asiago (84%), Fontina/Fontal (71%). Il 16% di presenze del Montasio fotografa bene un momento non facile per una Dop che vanta una lunga storia. Uno dei problemi principali è proprio la ridotta penetrazione fuori dall’area di produzione, cioè il Friuli Venezia Giulia e parte del Veneto. Anche il dato – sicuramente positivo – dell’Asiago potrebbe celare un problema simile per il prodotto stagionato, il cosiddetto Asiago d’allevo, i cui consumi sono praticamente circoscritti al Triveneto, mentre maggiore diffusione si registra per l’Asiago pressato, il prodotto fresco con stagionatura di 20 giorni.

A scaffale c’è anche un po’ di Grecia

Nel complesso sono molti i formaggi che godono di una distribuzione assai estesa: formaggi fusi (100% dei 112 punti vendita visitati), spalmabili (98%), ricotta (97%), robiola (96%), mozzarella vaccina (96%), Gorgonzola (95%), crescenza/stracchino (93%), mascarpone (93%), scamorza (90%). Interessante la percentuale raggiunta dalla feta – fa notare Caniglia – cioè l’86% dei negozi oggetto dell’indagine. Un dato che evidenzia quanto questo formaggio tradizionale greco sia entrato nelle abitudini di consumo degli italiani. Ancora una volta è giusto sottolineare come tutti questi numeri vadano letti tenendo presente che l’analisi ha riguardato l’assortimento del peso imposto e dunque è molto probabile che alcuni prodotti – per esempio la mozzarella di bufala (segnalata nell’80% delle superfici commerciali) o il primo sale (63%) – trovino collocazione anche nel banco gastronomia. In aggiunta alle tipologie elencate, le visite in store hanno messo in luce la diffusa referenziazione di grattugiati – il 97% di presenze appare scontato – e formaggi a cubetti con l’88 per cento. Ed elevata appare anche la percentuale di negozi che vendono formaggi aromatizzati (62%) nonostante si tratti di prodotti che non trovano nell’Italia un mercato di riferimento, come dimostrato anche dal fatto che gran parte dell’offerta si concentra su pochi flavour.

La Mdd non prevale nell’offerta

Uno degli aspetti monitorati sempre nelle ricerche di Food Insider è il rapporto di forza tra private label e marche industriali. Nei formaggi a peso imposto le dimensioni del comparto e la ricchezza produttiva fanno sì che la marca del distributore più raramente prenda il sopravvento in termini di spazio. In cinque retailer (Conad, Esselunga, Carrefour, Pam-Panorama, Simply) solo nel 7% dei punti vendita visitati è stata riscontrata una maggiore esposizione della Mdd, che ha lasciato il passo ai brand industriali nella gran parte dei casi: si va dal 60% dei negozi Conad al 73% di quelli Esselunga, fino ad arrivare al 93% dei Simply, passando dall’80% di Carrefour e Pam-Panorama. A fare eccezione sono Coop – nel 13% dei suoi punti vendita lo spazio dedicato alla Mdd era superiore a quello dato all’industria, un dato che però va contestualizzato, tenendo conto della grande attenzione riservata dall’insegna alla propria marca, di recente fortemente rilanciatae Despar, con il 14% di negozi in cui la Mdd prevale nel banco frigo dei formaggi peso imposto. In questo secondo caso potrebbe aver giocato un ruolo anche il minor spazio assegnato in generale al comparto, come evidenziato in precedenza (3,1 metri nei Despar, a fronte di una media di 4,8 metri).

I criteri adottati nell’esposizione

Nessuna sorpresa per quanto riguarda i criteri utilizzati nell’esposizione: la gran parte dei negozi di tutte le insegne – e la totalità nel caso di Conad – articolano il layout dell’offerta in base alle tipologie di formaggio e solo una minoranza (più consistente in Unes, dove tocca il 27%) pare adottare una logica espositiva fondata più sulla marca. Un risultato tutto sommato prevedibile, considerata la quantità di prodotti e specialità proposti nel reparto. Da ultimo, l’analisi in store si è concentrata su uno dei best seller tra i formaggi a peso imposto: la mozzarella di latte vaccino in formato da 125 g. Nel 48% dei 112 punti vendita visitati il prezzo più basso per questo specifico prodotto è appannaggio della Mdd, mentre all’estremo opposto – quindi con il prezzo più alto – nel 39% dei negozi c’è una referenza Lactalis (a marchio Santa Lucia o Vallelata).

Un consumo ampio e trasversale

L’importanza dei formaggi nelle abitudini di consumo degli italiani è evidenziata dal primo quesito posto nell’indagine at home di Food Insider. L’84% del campione mangia formaggio più volte a settimana – afferma Paola Caniglia – e l’11% una volta a settimana. Solo il 5% consuma questo prodotto più raramente. Ulteriore prova della sua trasversalità è il fatto che le differenze nelle risposte tra uomini e donne sono trascurabili. Qualche piccola oscillazione percentuale si registra tra Millennials e over 35, con i primi che dichiarano di mangiare formaggio più volte a settimana nell’81% dei casi a fronte dell’86% dei secondi.

Le donne fanno scorta

Una variabilità più marcata emerge in merito ai comportamenti di acquisto, ma come nel caso dell’analisi dedicata da Food Insider ai salumi, va ascritta al diverso ‘orizzonte’ con cui uomini e donne fanno la spesa: A comprare formaggi di volta in volta è il 58% del campione complessivo – osserva Caniglia – rispetto al 42% che preferisce fare scorta. Quest’ultimo atteggiamento diventa prevalente tra le donne, con il 54% delle risposte, mentre è chiaramente minoritario tra gli uomini, fermi al 28 per cento. I formaggi possono accompagnare altri alimenti, contribuendo a creare una soluzione pasto veloce e gradevole. Insomma, possono essere molto utili in situazioni di ‘emergenza’, come una cena da preparare in pochi minuti. Un’evenienza cui evidentemente le donne pensano quando fanno la spesa, più spesso di quanto accada agli uomini che invece sono maggiormente portati ad acquistare in vista di un consumo immediato. E che su questo punto sia il genere a fare differenza, più che l’anagrafe, lo prova la ridotta variazione riscontrata tra i Millennials partecipanti all’indagine (che per il 60% dichiarano di comprare i formaggi di volta in volta) e gli over 35 (che hanno dato la stessa risposta nel 56% dei casi).

Banco gastronomia o libero servizio?

Il genere conta anche quando si tratta di scegliere tra il banco gastronomia e il reparto a libero servizio, fermo restando che la quota maggiore di consumatori (il 58%) si serve indifferentemente di entrambi. I formaggi porzionati al momento sono preferiti infatti dal 28% degli uomini, contro il 13% delle donne, mentre appare evidente la scarsa incidenza dell’età: a prediligere i formaggi tagliati al banco servito sono infatti il 21% dei Millennials, un dato molto simile a quello registrato tra gli over 35 (19%). Ai partecipanti al sondaggio è stato chiesto anche di elencare i formaggi preferiti, consentendo quindi di indicare più prodotti. La top ten si apre con il Grana Padano (30% delle risposte), seguito da mozzarella di bufala (28%), Parmigiano Reggiano (26%), crescenza/stracchino (23%), mozzarella vaccina (16%), Gorgonzola (15%, che diventa 20% tra gli uomini), Asiago (13%), Brie (12%, ma tra i Millennials si sale al 19%), formaggi spalmabili (12%, tra le donne si arriva al 19%, probabilmente per il percepito di leggerezza di cui questi prodotti godono), pecorino (12%). Ad utilizzare i formaggi come ingredienti in una preparazione più elaborata è il 32% del campione, a fronte di un 68% che li consuma tal quali e senza abbinarli ad altri alimenti. Sopra il dato medio sono gli uomini, che nel 35% dei casi hanno scelto la prima opzione, a fronte del 30% di risposte delle donne. Maggiore la distanza riscontrata tra Millennials e over 35: la fascia di intervistati compresa tra i 18 e i 34 anni nel 40% dei casi ha detto di consumare i formaggi in una preparazione più elaborata, mentre tale risposta è stata fornita solo dal 26% di chi ha più di 35 anni.

L’apporto calorico non preoccupa gli uomini

Un aspetto su cui torna prepotente la differenza di genere è relativo al consumo di formaggi con ridotto contenuto calorico – fa notare Paola Caniglia. Il totale campione dà un 39% di risposte positive, ma tra le donne si tocca ben il 48%, a conferma della maggiore sensibilità al tema. In pratica un’intervistata su due ha detto di acquistare questo tipo di formaggi. Un comportamento assai meno diffuso tra gli uomini, che si fermano al 28% di risposte positive. Il divario è di ben 20 punti percentuali e nulla di simile si riscontra suddividendo i rispondenti in base all’età: gli over 35 sono perfettamente allineati al dato medio, con il 39% di consumatori di formaggi ‘dietetici’, e i Millennials si collocano appena un punto percentuale sopra tale soglia.

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