Il riso visto dagli italiani

Con un’analisi dello scaffale di 105 iper e super di sette insegne, Food Insider racconta un prodotto che affonda le sue radici nella storia della gastronomia nazionale
Il riso visto dagli italiani

L’altra metà del primo piatto raccontata attraverso l’analisi dell’offerta a scaffale di 105 punti vendita e un sondaggio sui comportamenti di consumo degli italiani. È dedicata al riso questa edizione di Food Insider, l’iniziativa nata dalla partnership tra Doxa – prima società indipendente di ricerca e analisi di mercato in Italia – e il mensile Food. Un viaggio in un mercato importante soprattutto in alcune aree del Paese, sia sotto il profilo produttivo sia di consumo, realizzato grazie al servizio in crowdsourcing basato su una community alla quale può aderire chiunque possieda uno smartphone e sia utilizzatore di app. In Italia a far parte di Roamler, questo il nome della community Doxa, sono più di 10.000 persone, dai 18 anni in su, che rappresentano una buona fotografia della popolazione ‘smart’, intesa come utilizzatrice avanzata di smartphone. L’indagine è stata condotta dal 15 al 19 gennaio 2018 – spiega Paola Caniglia, Retail & Crowdsourcing Director di Doxaattraverso una rilevazione in store che ha avuto come oggetto lo scaffale del riso di sette insegne della Gdo: Carrefour, Conad, Coop, Esselunga, Pam-Panorama, Simply, Unes. Per ciascuna di esse sono stati visitati 15 supermercati e ipermercati di varie zone del territorio nazionale, per un totale quindi di 105 punti vendita. A rispondere invece alle domande sui consumer behaviour sono state 100 persone appartenenti alla community Doxa Roamler.

L’analisi dell’esposizione

La metodologia adottata per questa ricerca sul riso da Food Insider è la stessa già sperimentata in passato per analizzare altre categorie alimentari come caffè, pasta di semola, biologico, salumi e formaggi, passata di pomodoro. L’obiettivo è semplificare il raffronto tra superfici commerciali di dimensioni diverse, conteggiando gli elementi di lineare destinati al reparto – intesi come unità di base dell’arredo – e assegnando a ciascuno di essi la lunghezza convenzionale di un metro. Il primo passo nel mondo del riso parte dunque dalla domanda: quanto è lungo lo scaffale dedicato a questo prodotto? La media, calcolata con la modalità precedentemente illustrata, è 3,3 metri – fa notare Caniglia – che però ad uno sguardo più approfondito si rivela molto condizionata dal risultato di un’insegna, che nei punti vendita visitati mostra un’esposizione di gran lunga superiore a quella dei concorrenti sotto il profilo quantitativo. Si tratta di Esselunga, che guida la classifica con 5,8 metri, cioè quasi due metri in più di Coop, attestata al secondo posto con 3,9 metri di scaffale destinati al riso. Gli altri cinque gruppi distributivi sono tutti sotto media: di poco nel caso di Pam – Panorama (3,1 metri), in maniera più consistente nel caso di Carrefour (2,8 metri), Unes (2,7 metri), Simply (2,6), mentre Conad chiude con un lineare lungo 2,1 metri, cioè un dato abbondantemente inferiore alla metà rispetto al leader della classifica Esselunga. Molto rilevante è l’aspetto geografico: al Sud la lunghezza del lineare del riso – facendo la media tra i risultati relativi a tutte le sette insegne – è nettamente inferiore rispetto al dato nazionale, cioè 2,8 metri contro 3,3. Non a caso a destinare minor spazio alla categoria è Conad, leader in molte aree del Meridione che – come è norma per qualsiasi retailer – calibra l’offerta sulle esigenze e attese dei singoli territori.

Le tipologie di riso a scaffale

Ma cosa c’è sugli scaffali di questi 105 iper e super? Qui le differenze scompaiono, lasciando il posto ad un’omogeneità nell’offerta che ritroveremo ancora lungo il nostro percorso nel mondo del riso. Le tipologie parboiled e integrale sono risultate presenti nel 100% dei punti vendita oggetto dell’indagine – riassume Caniglia –. Un indice di referenziamento sostanzialmente simile (98%) è stato riscontrato per i mix riso e altri cereali, mentre poco sotto (93%) si colloca il riso ‘normale’ (crudo, non trattato e confezionato). Molto alta – e questa è una considerazione che verrà ripresa più avanti, quando entreremo nel merito dei comportamenti di consumo – è anche la presenza del riso biologico: ben l’86% dei negozi visitati. Sulla medesima soglia si attesta il risotto/riso pronto (imbustato e condito). Insomma, se sullo spazio da destinare alla categoria gli scaffali dei retailer fanno scelte articolate, con Esselunga – insegna radicata in Lombardia e con una buona presenza anche in Piemonte e in parte del Veneto, cioè zone con un’antica e solida tradizione di produzione e consumo di riso – che appare la più ‘generosa’ in termini di esposizione, per quanto riguarda il genere di prodotti l’istantanea scattata da Food Insider mostra un panorama assortimentale molto simile. Un dato di fatto peraltro comprensibile, considerata la maturità della categoria e il ventaglio tutto sommato ristretto di tipologie esistenti.

Arborio e Basmati fanno l’en plein

Un discorso, questo dell’uniformità dell’offerta, che vale almeno in parte anche quando si prendono in esame le varietà di riso commercializzate dalle sette insegne. Nel 100% dei 105 punti vendita visitati è stata registrata la presenza a scaffale del riso Arborio, un grande classico della risicoltura italiana, e – forse un po’ a sorpresa – del Basmati, varietà originaria di India e Pakistan divenuta molto popolare anche da noi per il suo gusto delicato e profumato, con una gradevole nota speziata. Poco sotto (98%) si colloca il pregiato Carnaroli, apprezzato per la capacità di tenere la cottura e quindi particolarmente adatto ai risotti, seguito da un’altra varietà superfina (termine riferito alla forma del chicco, grande e lungo, in base alla classificazione commerciale adottata in Italia), cioè il Roma, con il 92% di segnalazioni. Un solo punto in meno (91%) per il Ribe, frequentemente utilizzato per il trattamento parboiled. Il Venere, noto per il suo colore nero, ottiene un ottimo 83%, considerato che presumibilmente è utilizzato per preparazioni diverse dal classico risotto, mentre con il 79% troviamo il Vialone Nano, tipico del Veneto e che vanta anche una Igp, quella del Riso Nano Vialone Veronese. Di origine orientale, ma ormai coltivato anche in Italia, è il Riso Rosso, conosciuto per le proprietà nutritive (67%), seguito dal Jasmine (44%), varietà di origine tailandese, profumata e che – come il Basmati – si presta a preparazioni quali le insalate e i contorni. Caratteristico del Piemonte è invece il Sant’Andrea, che con il 41% di presenze precede il riso per sushi (39%). Più ridotte, infine, sono le segnalazioni del Baldo (24%) – un riso italiano coltivato in particolare a Vercelli, Novara e Pavia, adatto ai risotti e alle insalate – e del Wild Rice (12%), tipico del Nord America e che ha la particolarità di non essere un vero riso, bensì il frutto di un’altra graminacea, la zizania.

Le marche più presenti in Gdo

Molto polarizzata appare l’offerta dei retailer sotto il profilo delle marche trattate. Due i brand che hanno una presenza diffusissima, da veri leader della categoria: Riso Scotti (100%) e Riso Gallo (99%). Molto alto è anche il referenziamento di Flora (88%), nettamente superiore a quello della marca del distributore, attestata al 78% di punti vendita e seguita da Curtiriso con il 64 per cento. A chiudere la classifica sono Principe (29%), Uncle Ben’s (22%) e il marchio premium leader nella pasta, cioè De Cecco, con il 3 per cento. La pattuglia di insegne esaminate nel corso dell’analisi condotta da Doxa si spacca in due relativamente allo spazio assegnato alla marca del distributore: Coop, Conad e Pam – Panorama mostrano strategie molto simili, visto che privilegiano la MDD rispettivamente nel 73%, nel 67% e nel 64% dei punti vendita monitorati. Le marche industriali conquistano uno spazio paritario nel 27% degli iper e super di Coop visitati, nel 33% dei Conad e nel 36% dei Pam – Panorama, ma per nessuna di queste tre catene è stato segnalato un negozio che nel riso dà più visibilità a scaffale ai brand dell’Idm rispetto a quelli privati. Di tutt’altro tenore la strategia degli altri quattro retailer: nei Carrefour la MDD prevale nel 33% dei negozi esaminati, ottiene la stessa quantità di spazio nel 47% dei casi e lascia il passo all’Idm nel restante 20 per cento. Percentuali che – pur con qualche variazione – si ripetono anche in Esselunga, Unes e Simply, accomunate in particolare dal dato relativo al numero di iper e super in cui la Mdd ‘vince’ a scaffale nel riso: 27 per cento. Il ‘pareggio’ tra le due voci dell’assortimento è l’ipotesi che in queste tre insegne si verifica con la maggiore frequenza: si va dal 47% di Simply al 53% di Unes, fino ad arrivare al 60% di Esselunga. Varia di conseguenza anche la terza opzione, cioè quella di un maggior spazio a scaffale a favore dei marchi industriali, che è stata registrata nel 27% dei Simply, nel 20% degli Unes e nel 13% dei punti vendita Esselunga.

I criteri espositivi

Molto più netta è l’uniformità mostrata dalle sette insegne in termini di criteri espositivi, dove la marca la fa ampiamente da padrona, toccando l’87% dei negozi Carrefour e Conad. Il ricorso a un’esposizione dell’offerta basata sul tipo o sulla varietà del riso si rivela del tutto assente nelle due insegne precedentemente citate, ma è marginale anche nei Pam – Panorama e nei Simply (7%) a fronte di uno scaffale che è costruito per marca rispettivamente nel 79% e nel 73% dei casi. La sequenza dei prodotti basata sui brand è la norma anche in Coop (73%) ed Esselunga (67%), a fronte del 20% di negozi di queste due catene in cui il criterio fondato su tipo e varietà di riso è apparso prevalente. Fa eccezione Unes: lo scaffale della categoria riso solo nel 20% dei negozi visitati privilegia la marca come linea guida per la presentazione della gamma, mentre nel 67% dei casi viene utilizzato il criterio del tipo e delle varietà di riso. Da segnalare, infine, il gran numero di casi in cui i rilevatori Doxa hanno fatto fatica a comprendere il criterio espositivo prevalente: un effetto forse di scaffali poco ordinati e con qualche rottura di stock di troppo? Non offre spunti sorprendenti l’ultimo aspetto affrontato dalla ricerca in store di Doxa: il prezzo. Quello più basso, nel 66% dei punti vendita visitati, è stato appannaggio della marca del distributore mentre all’opposto della scala prezzi si è collocato nel 38% dei casi il marchio Riso Scotti.

I risultati dell’indagine at home

L’altro versante del mondo del riso su cui Food Insider prova a fare luce è quello del consumo, o meglio dei comportamenti d’acquisto e consumo di un campione di italiani. Primo aspetto: abbiamo visto come a scaffale non manchino le varietà di riso che – almeno teoricamente – dovrebbero rimandare a preparazioni un po’ più ‘esotiche’. Curiosamente, però, nella mente dei consumatori intervistati il ‘classico’ trionfa, come evidenzia Paola Caniglia: Alla domanda “Immagina di dover preparare un piatto a base di riso, faresti…” il 69% del campione risponde “un risotto”. E la percentuale sale al 72% tra le donne. Un numero a cui potrebbe sommarsi in parte il risultato della seconda ricettazione indicata dagli intervistati: il riso in bianco (11% delle risposte, 14% tra gli uomini), che se può essere inteso come contorno per esempio di un’altra portata a base verdure, è innegabilmente anche un primo piatto, quindi assimilabile almeno in parte al risotto come collocazione nell’ambito del pasto e come ‘classicità’ sotto il profilo gastronomico. L’insalata di riso fa registrare un 6%, mentre bisogna scendere alla quarta posizione per trovare il riso esotico per piatti etnici, che ottiene appena il 4% delle risposte. Ancora più in basso e tutti attestati al 2% sono la minestra di riso, la torta di riso, gli arancini e il riso alla cantonese. L’ultimo 2% del campione invece dichiara di non preparare mai piatti a base di riso.

Focus sugli altri prodotti a base riso

L’indagine at home realizzata da Doxa per Food Insider ha voluto però sondare anche il consumo di referenze che rappresentano un filone innovativo interessante, perché utilizzano il riso come ingrediente principale e spesso si collocano in un’area salutistica e funzionale, in quanto adatte a persone affette da intolleranze alimentari. E il risultato sembra premiare gli sforzi dei produttori, fermo restando che la domanda è mirata a verificare la sussistenza dell’atto di consumo, senza entrare nel merito della frequenza temporale con cui esso si ripete. Detto questo, i biscotti di riso ottengono un ottimo 47%, che tocca il 50% tra gli over 35, i fiocchi di riso arrivano al 29 per cento. Il 17% del campione dichiara di mangiare pasta di riso e tra i Millennials (cioè i partecipanti al sondaggio di età compresa tra i 18 e i 35 anni) si sale addirittura al 20 per cento. Questo dato va probabilmente ascritto in larga parte ai consumi fuori casa – puntualizza Caniglia – per esempio dei cosiddetti noodles di riso. Le gallette di riso sono al 13%, il latte di riso al 5% e i cracker a base sempre di riso al 4 per cento. Impermeabile – al momento – a questi utilizzi ‘alternativi’ del riso nell’ambito dei prodotti di largo consumo alimentare è l’11% del campione, che infatti dichiara di non consumare tali referenze.

Le donne battono gli uomini nei consumi

Su una soglia tutto sommato simile rispetto a questo 11% appena illustrato, si collocano anche quanti affermano di mangiare episodicamente il riso. Infatti, mentre il 59% dei rispondenti dice di consumare tale prodotto una volta a settimana e il 32% anche più volte a settimana, è il 9% del campione a riferire di un consumo più raro. Degna di nota è però la suddivisione operata da Doxa in base al genere: Il consumo settimanale tra le donne sale al 63% contro il 51% degli uomini – afferma Paola Caniglia – e una differenza apprezzabile c’è anche nel consumo più volte a settimana, che è indicato dal 34% delle donne e dal 29% degli uomini. Notevole è però il distacco nella terza ipotesi, quella di un consumo più raro, che si verifica in appena il 3% delle donne contro il 20% degli uomini. Evidentemente il percepito di pietanza nutriente, versatile e ‘amica della linea’ resiste e si traduce nel diffuso apprezzamento tra il pubblico femminile. Invero qualche variabilità si registra anche ‘spacchettando’ il dato medio in base all’età dei rispondenti. I Millennials si dichiarano consumatori abituali con minore frequenza (una volta a settimana: 53%) rispetto agli over 35 (64%), ma più spesso sono forti consumatori (più volte a settimana: 35%, contro il 31% degli Over 35). Una disparità palese di risultati c’è però nell’ultima voce, con il 12% di Millennials del campione che affermano di mangiare riso più raramente, a fronte di appena il 5% del target più maturo.

Far scorta piace anche ai Millennials

Una costante nelle ricerche di Food Insider è l’approfondimento del comportamento di acquisto relativamente alla tendenza a ‘stoccare’ il prodotto, che può essere indicativo sia di una buona frequenza di consumo che di attenzione alle iniziative promozionali. Nella categoria riso, il campione si è quasi spaccato a metà – premette Caniglia –: il 53% compra quanto gli serve di volta in volta, il 47% fa scorta in dispensa. Ancora una volta, come nel caso dei salumi e dei formaggi, l’indagine at home mostra il differente approccio alla spesa tra donne e uomini, con le prime che fanno scorta di riso nel 52% dei casi, mentre tra gli uomini il dato è considerevolmente più basso (37%). Di conseguenza è il 48% delle donne a comprare questo prodotto di volta in volta, a fronte del 63% di risposte maschili. Un dettaglio che vale la pena ricordare è che il riso è ideale anche come pietanza da preparare a casa e consumare al lavoro, comportamento assai diffuso nelle grandi aree urbane, dove le distanze impediscono di rientrare a casa nella pausa pranzo, e in particolare tra le donne. Di qui un possibile effetto sia sulla frequenza di consumo, sia sull’abitudine di acquistare quantitativi maggiori. Se andiamo a suddividere il totale campione non più per genere ma su base anagrafica, abbiamo una piccola sorpresa, perché a fare scorta è il 53% dei Millennials, contro il 35% degli over 35. Il dato può avere una sua spiegazione se consideriamo che il riso è una soluzione pasto tutto sommato semplice nelle sue preparazioni di base – riflette Caniglia – e abbastanza veloce da cucinare nella variante parboiled, per non parlare dei prodotti pronti. Inoltre è nutriente, in grado di sostenere il ruolo di piatto unico con gli opportuni abbinamenti di carni, pesce o verdure. Insomma, ha una serie di caratteristiche, non ultimo il basso costo, adatte anche a una fascia di consumatori più giovani.

La penetrazione del riso bio

La ricerca Food Insider si chiude con un focus sul riso biologico, che – come sottolineato in precedenza – gode di una buona presenza a scaffale, calcolata nell’86% dei 105 iper e super visitati nel corso della ricerca. Una scelta dei retailer che trova ampia giustificazione nella trasversalità delle risposte del campione – rimarca Paola Caniglia – che per il 53% afferma di consumare riso biologico. Non sorprende che questa percentuale cresca, seppur di poco, tra le donne (55%), mentre si attesta leggermente sotto media tra gli uomini (49%). La sensibilità al biologico nell’ambito del riso sembra crescere di pari passo con l’età, anche se – è bene precisarlo – le differenze restano contenute e il consumo dichiarato appare, come già sottolineato, pienamente trasversale. A definirsi consumatori di riso biologico sono il 58% dei rispondenti over 35, mentre a dare la stessa risposta è stato il 52% dei Millennials.

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